727 26 Aprile. CHI 1D10IMM 1 FORTI DI VEMZIA. Nel predicato che la Repubblica assunse j — quello di Veneta — essa à un pensiero che non si limita alla sola Venezia, un dovere che non si circoscrive alle sue lagune; ma si attacca alla Terra-ferma, e la corre per quanto l’ala potente del suo Leone si stende. — Il Governo provvisorio lo disse, — Venezia è il nucleo di tutte le provincie che si dichiararono o dichiareranno di unirsi ad essa — Venezia rappresenta F unione di queste. Ora, la sua esistenza è preziosa e necessaria non solo per sè sola, ma come e quanto il cumulo di tutte -—e nell’idea di questa cumulativa esistenza, in quella di conservazione del principio al quale gli altri Municipii si attaccano, viene quanto tornar la può solida ed inconcussa, Il popolo in quel buon senso che forma la dote sua eminente, in quel sentimento di dignità che lo solleva ed infiamma a non mancar nell’ora del cimento alla rappresentanza che vestì, volge intorno ansioso lo sguardo, e non per pesar il pericolo sfrtto la pression di trepidazione, ma per rilevarlo, e convincersi, che tti fermo suo proposto i mezzi rispondano, per sostenerlo e bravarlo; — cerca se Venezia, nei suoi mezzi di resistenza, si trovi parata a quella pertinace difesa ch’essi mezzi consentono, e che tornerebbe di pericolo e responsabilità troppa verso li stessi fratelli di Terra-ferma, il non aver predisposti e prontissimi. Cittadini che presiedete al Governo provvisorio — nessuno dubita nè del vostro zelo che vi fece tanto benemeriti della Repubblica, nè del-l’esser voi votati alla causa pubblica. Ma se il timore è qualche volta, meglio che prudenza, — senno; — se l’impegno assunto in faccia all’Italia, in queste ore solenni, avanti un nemico, che se la paura sperperò, l’abitudine al prono servirci riconduce, se tali cose impongono consigli e provvedimenti straordinarii e calzanti, — nel sentimento che tutti ci anima, e l’un l’altro ci afforza — permettete che vi si renda avvertiti, correr tra il popolo un dubbio ogni dì più crescente, ogn’ora più inquietante, che i Forti dei quali il senno degli Avi premunì, e rese forse invincibile Venezia, — tutti non si trovino a quel tal punto di predisposta difesa, nel quale adeguatamente rispondere al loro fine. Li stessi non sono già difese naturali, ma artificiali, intorno delle quali la mano che le preparò, deve vegliar àempre a tenerli in ultimo assetto. Il tempo reca ingiuria a tutto, e dopo il tempo l’ignavia dell’uomo, e voi sapete quanta ne fosse nei nostri despoti, che mal calcolarono sull’apparente nostro sonno. Con quanto sto per esternarvi, non voglio nè tampoco far onta all« solerzia, ai lumi del Comitato di Guerra — ma in cosa di decisiva importanza, si desidererebbe, ardentemente si domandarebbe, che una Commissione d’uomini provetti nelle cose di guerra, esperti nei mezzi di difesa, fuor di quel Comitato, si elegessc, e questa procedesse al riesame dei nostri Forti , ed allo stato di tutti , per farvi, e, compatibilmente «I