G «limo, in suo nome, fu ordito di unire il proprio voto ad un rifiuto imprudente del pari che ingrato, tutti i suoi alti ufiìziali additano la nostra gratitudine e la nostra fiducia. Con questi intendimenti, sin diti principio, noi abbiamo indirizzato al Governo di sua Maestà Britannica parole di un significato aperto e sincero. Se non che, quando pure avessimo per questo riguardo torti, che non abbiamo, stimeremmo di offendere la generosità dei due governi delle potenze mediatrici, se pensassimo eh’ e’ si degnassero di cogliere sì meschini pretesti per abbandonarci nella nostra disavventura. Staccandoci per un momento dal nostro popolo, e assumendo 1’ orgoglio di meriti che non ci son punto personali, noi possiamo affermare che il titolo principale di Venezia all’ aiuto delle potenze, è riposto, più che in quello che le si fece o di cui le si diede promessa, ne’ suoi proprii patimenti e nel modo con cui ella li sa sopportare. La storia de’ rivolgimenti politici non offre certamente molti esempi d’un amore dell’ indipendenza accompagnato a tale spontanea disposizione ai sacrifizii, da sembrare una condizione naturale degli animi. Quivi non parliti, non tumulti, non ostentazioni, non odii. La libertà novella non ispense l’antica pietà: le abitudini di una vita, troppo lungamente pacifica, sono mutate in rudi eserrizii, in quotidiane abnegazioni. La durata della resistenza è per sè stessa un titolo, dappoiché dimostra, non esser ella un’ ebbrezza turbolenta, ma una volontà maturata. Sa V F . . .. „ T. . . . . a voi, signor Ministro, tutta 1 Italia, 1 cui interessi sono solidali e il cui pacificamento, o a meglio dire affrancamento, divenne già condizione indispensabile alla pace di Europa, noi dobbiamo supplicarvi di considerar innanzi tutto la presente nostra condizione, la quale, privi siccome siamo de’ mezzi economici, non potrebbe a lungo durare senza darla vinta al nostro nemico. I suoi temporeggiamenti sono calcolati : egli vuole che la diplomazia delle due grandi potenze sia tutta in inganno e che sembri complice con lui. Venezia chiede, che il giogo austriaco non pesi più ormai sopra di lei : non già che le si renda ciò che le venne tolto pel trattato di Canipoformio, ma almeno che le sia renduto il proprio nome, e quello che è strettamente necessario alla sua esistenza. Ella si mette sotto la proiezione alleata dell' Inghilterra e della Francia, lasciando ad esse libera la scelta dei mezzi. La diplomazia, in questa forma di negoziato, ha buoni patti ; dappoiché la nostra emancipazione non è una rivolta, ma soltanto il ricuperamento de’ nostri diritti storici, della nostra legittimità. E in vero, Venezia libbra, non potrebbe dar ombra ad alcuno ; Venezia austriaca, sarebbe una vergogna e un impaccio. Aggradite ^ Mnòrd * j * assicurazione della mia profonda considerazione. lì Presidente del Governo di Venezia MANIN. A S. E. il Ministro degli affari esterni di S. M. la Regina della Gran Brettagna. Londra. Al signor Ministro degli affari esterni della Repubblica francese. Parigi.