445 È il linguaggio del ministro medesimo e non poteva tenerne altro; poiché e’ sarebbe, il confesserete, o signori, supporre che una grande nazione fosse buu discesa a tristi estremità, se si vedesse ch’ella lacesse sbarcare sulle spiaggie d’un popolo amico i suoi eserciti, e li guidasse alla ventura, seguendo una politica, condotta di di in di, e che cangia cogli uomini che possono succedersi al timon dello stato. No; il sig. ministro degli affari esterni l'ha perfettamente compreso ; c in ciò operò saggiamente: egli ha potuto ripudiare l’eredità degli errori ch’erauo siali commessi prima di lui; ma assumendo il timon dello stato in questo momento difficile, difficile soprattutto in ciò che concerne la spedizione romana, gli è stato impossibile di 11011 rannodare il presente e l'avvenire al passalo che li dominava. Voi lo vedete quindi, o signori, noi siamo forzatamente ridotti a farci due domande. La prima è questa: qual è stato il fine, il fine palese, il voto bandito in faccia all’Europa, della spedizione che noi abbiamo guidata prima a Civitavecchia, e poi a Roma? lì come compimento di questa domanda, in qual guisa è stato raggiunto tal line? in qual maniera la volontà sovrana, che l’ha indicato, è stata effettuata dal potere esecutivo? Questa è la prima domanda che noi dobbiamo esaminare alla vostra presenza. # In secondo luogo, bisognerà bene clic noi ce ne facciamo un’altra. (Rumori a destra.) Se parlo al cospetto d’impazienti, che non siano disposti ad ascoltare questa discussione, essi possono subito dare al paese la prova della parte che prendono alla sua grandezza. (Voci diverse: /'aliale!) Quanto a me, che sono a questa bigoncia, credo clic la questione non è stata lino ad ora se non accennala, e credo essere del mio dovere di cercar di trattarla. (Parlate!) Delle due questioni che io voglio proporre alesarne deH Asscmblen, la prima è dominata da una considerazione capitale, che cerio vi avrà colpito la mente, ed è elio la voloulà perseverante, 11011 dirò soltanto dell'Assemblea costituente, ma della Francia intera, è stata, nei limili del possibile, l’indipendenza deli’Italia e la risurrezione della nazionalità. Dico, o signori, che tale è stata la volontà dell’Assemblea costituente; e per ciò non ho bisogno di ricordare il volo solenne del 24 maggio 1848: non ho che a farvi riflettere, clic l’indipendenza dell’Italia è stala in ogni tempo, sotto tutti i governi, in tutte le politiche, una delle condizioni essenziali della grandezza, della sicurezza del libero sviluppo degl’interessi francesi. L’oratore rimonta all’epoca della battaglia di Fornovo, ricorda quella di Marengo; c ritornando agli avvenimenti contemporanei, parla delle discussioni che si sono sollevate sopra l’Italia, all’Assemblea costituente. Voi potete, egli dice, riferirvi alle discussioni che si dibatterono il 30 ed il 31 marzo 1848; voi vedrete qual era l’altitudine del gabinetto. Il sig. presidente del Consiglio lo prometteva all’Assemblea (e sono certo che lai voto era nel suo cuore) che non solamente l’integrità