402 » Dimenticai di dirli che la sera del -4 il re fece bruciare molte case dei sobborghi per aver la spianata intorno a Milano: le case ardevano, ed egli mandava a capitolare. Un danno di circa otto milioni per una tinta di poche ore !... « ■»' ........■■cstoca»-— 24 Agosto. (dall’ Indipendente) Se la prima campagna della nostra guerra ebbe tristo fine, certo non è colpa dei popoli, che mostrarono a tempo entusiasmo ed in ogni tempo valore. La colpa è dei principi e dei ministri, che fecero quanto fu in loro per spegnere quello e rendere questo vano e funesto. I popoli volevano coll’Austria guerra a tutta oltranza, i principi finirono l’un dopo Taltro chi per un motivo, chi per un altro a patteggiare coll’Austria. Può fare, anz’io lo credo fermamente, che alcun principe sia stato tradito e molto male a suo uopo e dei popoli, ma non è dubbio che, o per malvagità, o per ignoranza, o direttamente o indirettamente, tutti abbandonarono i popoli, tutti vituperarono l’Italia, tutti ne sacrificarono la causa alle proprie passioni ed ai proprii interessi, o giovandosi, come è uso, degli altrui, o lasciandosi menare dagli altrui, chente fossero e senza troppo guardarli per il sottile, o per cattività, o per dabbenaggine, o per ignavia. Il principe che tradisce per ignoranza e forse colui eziandio che per dabbenaggine, può meritar scusa, pietà, compassione, ma semplicemente come uomo. Io, che verità, giustizia e rettitudine, credo sovrastare ad ogni causa e dovere, desidero che nel giudicare del principe, si tenga conto delFuomo, ma nel provvedere alla patria non si guardi che al principe. Questi sarà più funesto alla patria, se pietà e compassione lo rendono ostacolo alla salute sua, e ostacolo perciò più terribile eh’ egli fonda sui generosi affetti del popolo, anziché sulla cieca devozione del-l’esercito. 1 principi buoni o cattivi, sapienti od ignoranti, furono sempre la distruzione dei popoli, massime degl’italiani. 11 principato non fu mai cosa umana. Dovunque lo fulmini l’ira di Dio, egli spegne intorno a sè quanto ha palpito di vita e somigliante ai vermini ed alla ruggine, egli non segna che sulla polvere, non trionfa che sulle carogne. I popoli hanno il torto di essersi covata in seno questa peste. Put-taneggiarono coi re e stando letteralmente alla metafora, ne furono smunti di senno e di valore. Galeotti furono i maestri, e cosa nuova ma vera, gli amici loro più sviscerati. Credettero ed insegnarono ingenuamente potersi fare una lega di principi e popoli. Quel gran parolaio di Gioberti andò scorazzando e predicando per mezza Italia le conciliazioni fra il principato e la repubblica, e incensando la magninimilà dei popoli conciliatori; la buon’anima di Mazzini lasciò la repubblica italiana una, grande e indivisibile per ultimo refugium peccatomin. Iddio gli perdoni