236 6 Agosto. LETTERA IV. jcjoìa &33©3i3 /// sig. ili LAMENJiAIS, Parigi. Milanoj 50 Marzo 1848. Voi ammiratore ed incitatore del popolo, voi avrei io voluto presente alla gloriosa rivoluzione di Milano, per ammirarne le virtù, per trasmetterle degnamente alla posterità. Lasciate almeno che io ve ne parli alla meglio. Non ripeterò quanto il popolo si sia mostrato eroe ne’cinque giorni della battaglia. Europa lo sa: io stesso l’ho narrato, e facilissimamente potrei moltiplicare i fatti di coraggio. In Porta Tosa uno combattendo è colpito alla guancia ; si ritira, fa levarsi la palla, cosi bendato ritorna alla mischia. Un altro perde un dito, ed egli sei prende, lo ripone in tasca, e prosegue la fucilata. A Porta Orientale cinque cittadini faceano fuoco arditamente, fra’quali un padre col figlio: una palla traversa una coscia al figlio, il quale prorompe non in un lamento, ma in un’eroica esclamazione; e il padre gli dice: » Va di sopra, fatti medicare u e segue a fucilare. Un Poggi combatteva da una casa in Quadronno contro i nemici postati sul bastione, e vedendo soverchia la lontananza volle di più avvicinarsi, mettendosi in un casino d’ortolano. Arrampicatovi, stava per entrare, quando lo vede occupato da Austriaci. Lasciasi allora cascare, e si ricovera ai compagni, ma avvistosi di aver colà lasciato il fucile, non volle a niun patto soffrirlo, e per quanto il dissuadessero, tornò fra le palle nemiche a ricuperarlo. Due altri ferirono due Tedeschi combattenti, e subito fra le palle fischiami accorsero a prenderli e recarli all’ospedale, non più nemici da che erano caduti. Fatto simile a quel di Venezia, ove un popolano, assalito da due Tedeschi, li disarmò e buttò in canale; e subito spogliatosi, si gittò egli pure a nuoto per raccorli, e li menò allo speziale. Voleasi sconsigliare Antonio Leoncini dall’assalire il castello, rispose: « Le palle non toccano chi ha in fronte il nome di Pio IX «. Paolo Pirovano falegname, traverso alla presa Porta Tosa recò pel primo la bandiera tricolore fuor di città; e qual premio domandò? di far parte della guardia civica, benché non compia che diciotto anni. Ma accorciamola. Tutti furono eroi quelli che osarono affrontar inermi un esercito si provveduto; e dopo cacciatolo di città, inseguirlo anche in campo aperto. V’è però un coraggio ancor più nobile perchè più meditato; quel che si astiene, che conosce l’importanza dell’ordine nella libertà. Pel giudizioso presentimento eh’è tanto acuto nelle plebi, la nostra s’accorse che era lei che faceva la rivoluzione ; ma che altri n’avevano preparati i mezzi, e dato l’avviamento, e che guai dove tutti vogliono comandare, nessuno obbedire. Quindi l’avreste veduta docilissima agli ordini, portare, tirare, cacciare, sostener qualche fatica, senza chiedere il perchè, ma persuasa che i capi improvvisati voleano il trionfo della causa nazionale. Da ciò quella tanta regolarità fra tanto movimento, e dove non v’aveva un comando generale, bensì una generale abnegazione dell’amor proprio. Difficile è persin all’uomo educato frenare il primo impeto della vendetta. Ebbene qui nessuno ne proruppe. Alla Corte s’ era ricoverato un drappello di quelle guardie di polizia che da sei anni sono scopo all’ esecrazione, e da tre mesi agli scherni del nostro volgo, e che in questi giorni, disobbedendo ni decreti, recarono il peggior danno ai e t" tadini. S’ erano rimbucati in una cantina della Corte, e il popolo furibondo a volerli, per ammazzarli, affettarli, mangiarli. Il curato Felice Lavelli si mostrò, chetò l’ira, pf“' mise andar a cercare egli stesso i nascosi, e trovati che gli ebbe, li commise al popolo colle parole del perdono. Il popolo ruppe in grida strepitosissime 1 pollini, i pollini (l il nome di scherno con cui li designa), e qui tutto finì : se li prese in mezzo e a braccetto, e andossene gridando f'iva la libertà. Un Siccardi (fa ribrezzo di dover coni*1' minare la penna con nomi sì schifi) era stato bassissimo e violento esecutore degli oi dini della Polizia; la Polizia tanto imprudentemente perversa, che ¡’arrestatoi' de bor sajuoli e degli assassini mandava alle case di noi, onorati cittadini, a prenderci le cari'■