67 t» lido loro una durevole prosperità. Come sia accaduta^ che a una tal voce siasi risposto con nimistà, resta riservalo alla storia di dare schia- ■ mento. L'austriaco governo non si lasciò per questo intimorire. Tenendo Hmtiuuameute l'occhio alla pacilicazione e alla conciliazione, non si trattenne. neppure nel momento in cui la sorte delle anni gli era del tutto propizia, di tentare gli estremi, per raggiungere lo scopo prefissosi, quello cioè di comporre la pace. » Qui dobbiamo soffermarci. Di qual pace intende parlare il ministero Benuese? Se noi volgiamo per poco indietro lo sguardo alla storia, tro->mino che quella parola altro non lu mai sempre in bocca all’Austria Hhe un amaro sarcasmo. La scurrile sua politica vautossi conservatrice di pace a’suoi popoli; ma questa pace la fece consistere nientemeno che «i-l soffocare, annientare in loro ogni nobile istinto, nell’addormentarli 0**1 turpe sonno dell’ignoranza, nell’avvilirli alla sfera degli esseri non jSensanti. Una tal pace, al certo, noi non avremmo più accettata, dall’istante wie la/disperazione ci fece sentire di essere uomini. Clic se il ministero ■ccenna al modo di troncar le ostilità e cessare i mali della guerra, oh! Boi la pace avremmo saputo e sapremmo apprezzarla, e l’avremmo cara ■neglio del nostro nemico, perchè il sangue dei nostri fratelli è prezioso H>er noi. Ma questa pace non dovrebbe essere vergognosa, non dovrebbe Bradire lo -scopo unico, indeclinabile, necessario della nostra rivoluzione : ■ indipendenza assoluta d’Italia. Fin dal primo nostro insorgere non l’ab-liiamò noi detto all’impallidito Austriaco: Non ¡sperar riconciliazione che lillà cima dell’Alpi?... E quello, che veramente muove a sdegno nel ministeriale atto, è il leder ricordala con una impudenza inesplicabile, e sotto i più farisaici ■colori, un’epoca della maggior infamia pel governo austriaco. Oh! sì, »ignori, il sa ognuno e il ridirà la storia ai futuri chi di noi abbia provocato alle offese. Ridirà come le promesse del 1814 abbiate tradite, Rome per trentaquattr' anni ci abbiate ingannati, spogliali, oppressi, in B>gni guisa tiranneggiali; come ai nostri reclami rispondeste colle minacce, Boll’esilio, col carcere; alle nostre preghiere cogl’insulti, colle sciabole, ■coi fucili, col giudizio statario. Queste furono le paterne assicurazioni, ■questi i preludii, non di una Costituzione, ma semplicemente della promessa ■di una Costituzione; promessa strappatavi dal terrore incusso alla vostra (tirannide ostinata, più presto che da noi, dallo stesso vostro popolo; promessa ambigua, dubbia, ingannevole; promessa, cui la stessa Vienna lon volle credere sincera, e ritornò quindi alle minacce. E noi, noi a-Ivrennno dovuto essere da meno di lei, e prestarvi fede, e lasciarci tradire centesima volta? Ma che? le nostre strade rosseggiavano già di sangue nnocente, e voi avevate già perduto ogni diritto, cosi a imporci legge, ’ome a largirci franchigie! Signori, fra gl’italiani, che combattono per a loro libertà, e un governo, clic contemporaneamente mitraglia il popolo Praga, a Carlovitz e altrove, l’Europa ha già giudicalo. « A tale scopo, egli fece invitare il governo provvisorio di Milano ■ jdi trattare sulla base dell’assoluta indipendenza della Lombardia^ aggiungendovi soltanto delle eque condizioni nei rapporti di finanza e di commercio; e, per facilitare le trattative, si dichiarò pronto a conchiudere «