48 44 Luglio. A . VOI . SICILIANI AI . QVALI . LA . MORTE . PER . LA . LIBERTA’ . NON . FV . AMARA QVESTO . CANTO . DONA . L’ . AVTORE ALLA TIRANNIDE Libertà va cercando, eh* è sì cara. Come sa chi per lei vita rifiuta. PlRG. C. 1. In te volgo lo Slral dell’accento, He codardo, che il trono cruento Hai ricinto di strage e lerror ; Vibro in te la tremenda minaccia : Non coprirti, o Borbone, la faccia, Mira in volto il Sicano che rauor. Oppressor d’-tina stirpe di forti, Che contrada fra noi può raccolti? Chi ili noi ricettar ti potrà ? Delle fere tra l’irta famiglia In ferocia chi mai ti somiglia? Tu l’hai vinta, ed il monito lo sa. Non mi dir che d’insania feroce T’ abbia reso la belva più atroce, Che una belva sì atroce non è. Non mi dir che la reggia fra i riti Risonò de’tuoi primi vagiti, Che ’1 tuo cibo fu il latte dei re. Non mi dir che una donna piii rea, Più prude! dell’antica Medea, Con lo Scita di te s’impregnò. Non mi dir che la fronte ti prema I)e’ tiranni il gemmato diadema, Che la scola dei re t’ educò. Non fu donna tua madre nè belva. Non fu reggia tua culla nè selva, E lo Scita tuo padre non fu; 11 Serpente, che a morte ci spinse, Di sue code la colpa ricinse : Nacque un mostro: quel mostro se’tu. E ulular Irista upupa s’ udio, Parve il mondo coperto d’ obblio, E cometa nel cielo apparì. Pallid’ombre dall’urne uscir fuori Atteggiate di cupi dolori, Ed il sol strana eclisse coprì. Nacque il mostro: ed in onta a natura Ebbe l’alma alle stragi matura, E le b rame nel sangue educò. Nacque il mostro: e l’inferno parente Con la prole rimase perdente, E una rabbia gelosa provò. Fu compreso d’ignoto spavento, Si penti del nefando portento, Maledisse alla prole fatai; E credette l’impero caduto Quel signore del regno perduto, E gl’ increbbe esser cosa ¡immutai. Ma la rabbia non tacque nell’ire: Si compose in un serto di spire, E la fronte ei ti cinse di sè ; Ed avvinto ed attoito a capelli, Ti levò sugli umani fratelli, E ti pose sul trono dei re. Nè però nelle astute vendette A metà del cammino ristette: Gelosia gli fremeva nel sen. Un chercuto d’ uman sangue intriso Ti si strinse alle spalle indiviso, E confuse col tuo il suo velen. Ceda alfin la sacrilega jena Nei deserti infelici d’ arena Di Lojola al chercuto crudel. Taccia l’urlo: e sul fischio de’venti Più non metta gli antichi spaventi, Più non turbi la pace agli avH. Quel tuo dotino in sembianza di saggio Ti dischiuse un nefando linguaggio, E il vestì d’un’austera pietà. Già ristretto alle spalle del duca Dal Vesuvio tu scendi alla Bruca Qual fiumana che meta non ha. Già i fratelli armi contro i fratelli. Tu medesmo ne aguzzi i coltelli. Tu li acciechi e li spingi al tradir. La pietà dentro gli animi è spenta, E valor la ferocia diventa, Ed è vii chi non osa ferir. Maledicon le madri i lor nati, Che alle madri hanno i tigli scannati Quando i petti volevano oppor Con 1’ angoscia che preme gl’ inermi. Che agl’ imbelli non ponno far schermi. Benché all’ arme non ceda il valor.