375 loro Re alla testa e con altri generali al comando sono pronti a rannodarsi e ad affrontare il nemico. Chi scrive queste pagine fu testimonio fin dal principio degli sforzi e dei sacrifizii infiniti fatti da questo paese e da questo popolo per la causa italiana, e potrebbe noverarli ad uno ad uno; ma chi è che l’ignora? Alcune parole anco agli uomini del Repubblicano : Nel combattimento del giorno 4 gl’italiani non ebbero il sopravvento', ma fu tutto il contrario; presero due cannoni, fecero circa 200 prigionieri, ma perdettero 6 cannoni e 2 furono smontati : insomma una mezza batteria andò perduta, il Re di cui è nota la coraggiosa temerità, restò continuamente esposto ai maggiori pericoli; al segno che una palla di cannone portò via la coscia al suo cavallo ; due dila più vicino, avrebbe porlato via la sua coscia. Appena allontanato per salire un altro cavallo, un’altra palla porta via la testa al capitano Avogadro , uno de’ migliori ufficiali dell'artiglieria Sarda, e che aveva occupato il posto lasciato pochi minuti prima dal Re. Un traditore ha egli di si fatti gusti ? I suoi più famosi generali non gli ebbero mai. Ignoriamo se il parco di campagna era stato mandato a Piacenza per ordine del Re o di qualcuno delia Camariglia, ed alia sua insaputa: ignoriamo egualmente se prima di andare a Milano il Re siasi informato dello stato di difesa della città e se abbia avuto inesatte informazioni. È però certo che la città era assai mal fornita di viveri, non aveva obici, aveva pochissimi cannoni, mancava affatto di palle indispensabili a smontare l’artiglieria nemica ed a tener lontano un bombardamento. Il Comitato di pubblica difesa aveva dato ordini eccellenti, ma non furono eseguiti; non per opposizione dei regii commissarii, che arrivarono pochi giorni prima del Re, ma perchè il fare un decreto sulla carta e ridurlo ad effetto sono cose molto differenti. Appena il re giunse in Milano, diede al Comitato amplissimi poteri. Un nostro amico che si trattenne con lui a famigliare colloquio per più di un’ ora lo trovò risoluto ad incontrar« coi Milanesi una sorte comune; lo pregò di andarlo a trovare sovente e rifeiigli lo stalo dello spirito pubblico : ma quando l’amico seppe che si trattava di una capitolazione, e che corse dal Re onde chiarirlo del falla a cui io trascinavano, trovò chiuso ogni adito. La Camariglia che aveva guidato fino allora il dramma e che voleva chiuderlo a suo modo , vi faceva una vigile sentinella. Che importava alla Camariglia dell’onore del Re e della nazione? Importava moltissimo a Radelzky di spalancare ira Milanesi e Piemontesi un abisso di odii ; il terreno era già slato minalo dalle imprudenze dei repubblicani ; gli austro-gesuiti fecero il resto. Noi insistiamo perchè , i capi dcH'esercito e tutti coloro che sono imputati dalla pubblica opinione siano sottoposti a regolare giudizio ; imperocché se sono rei devono essere puniti, e se innocenti è bene che siano giustificati. Noi insistiamo coi soldati, cogli ufficiali, colla guardia nazionale, coi ben pensanti cittadini; imperocché l’onore dei Re, dell’esercito, della nazione, di tutta Italia lo vuole. Onde parare questo colpo evvi ora una fazione la quale muove tuia sorda e personal guerra a Carlo Alberto ed alle istituzioni di cui fu il fondatore e lo sventurato eroe. Essa cerca di diffamarlo in faccia al po-