319 Domandano inslantemente clic il re si mostri alla loggia. Sono c-saudilf- U re annuncia loro la fatta capitolazione, e le circostanze che la rendevano indeclinabile. Parecchie voci sorgono a condannarla : » Ebbene (¡1 re dichiara) se questi patti a voi non piacciono, procacciate d’averne altri che meglio vi giovino: e se a nessuna capitolazione intendete piegarvi, io resterò con esso voi a seppellirmi sotto le rovine della vostra città.« Queste franche parole calmarono quasi tutti. Se non che due o tre colpi di fucile (pare che fossero di sicarii prezzolali dall’Austriaco) miravano all'alloggio reale. Nessuno rimase ferito: l’intento dei tristi fallì. Una deputazione composta di monsignore l’arcivescovo, del podestà e di due cittadini, recavasi al quartiere generale nemico. Otteneva patti eguali a quelli proclamati già dal re. Arroge che, a petizione del re, veniva a quest’esso conceduto il diritto di proteggere colle sue truppe e di guidare sino al Piemonte lutti quei cittadini, che avessero voluto entro il sabbato uscir di Milano. Mentre ì patti si stipulavano, e la grande maggioranza dei cittadini gli accoglieva siccome schermo da maggiori iatture, alquanti individui, leccia di popolo, si ragunano intorno all’alloggio del re, e a quando a quando sparano contro a quelle finestre i loro moschetti. Di che tempra fossero costoro, quale il duce o l’auspice loro, lo si conobbe assai presto. Il re non poteva essere sovvenuto da’suoi, perchè dal palazzo Greppi più che mollo distanti le truppe; e perchè gli assalitori lo avevano accerchiato di barricate. Intanto il cavaliere Della Marmora potè calarsi da un verone di quel palazzo, e tornare poco stante con alcuni carabinieri e bersaglieri, frammezzo a’quali il re, co’suoi figli e col suo stato maggiore, si rivolse, dopo la mezzanotte, a porta Vercellina. Non appena le truppe sarde uscirono della città, quei medesimi che aveano inveito contro la persona del monarca, quei medesimi misero a ruba cd a sacco sei o sette case, appartenenti alle famiglie meglio affette alla causa italiana: tra le quali la casa Villani, e prima d’ogni altra la casa del duca Litta, che voi sapete volato alla Svizzera per assoldarvi 5000 militi. Argomento evidente, o signori, che gli assalitori del re non rappresentavano il popolo milanese, il quale si contenne con dignità in mezzo alla grande sventura; ma erano si veramente scherani compri da quel nemico, a cui i Lombardi e i Veneti, non meno che voi, hanno giurato odio e sterminio. Così immeritamente a Milano nefandi lutti ricominciarono. Per ciò che spetta agli aiuti francesi, il ministro della guerra ci disse che, quantunque non fossero per anco al tutto sicuri, erano assai bene sperali. Questa fedele relazione dei discorsi, a noi tenuti dal generale Collegio, vi faccia fede, o cittadini, che il patto di onore e di fratellanza, stretto tra voi e i Lombardi, non è rotto; che la causa deH’indipendenza n°n è perduta; che il vostro esercito non dannato alla inerzia: e che, se ^ truppe sulle sponde del Ticino potranno ristorarsi dai lunghi disagii, e