— 114 — al Governo, facesse un Esercito nazionale con ufficiali e soldati di tutto il Paese e non soltanto del Mati e soprattutto smettesse di considerare le finanze del popolo skipe-taro come finanze sue proprie ». « 11 Re dava assicurazioni. I capi ripartivano. A un certo punto della strada l’automobile che li riconduceva ai loro feudi aveva un guasto. L'autista scendeva e facendo finta di cercare il guaio, si ficcava sotto la macchina. Da una roccia accanto sbucava la canna di una mitragliatrice che in quattro e quattr’otto faceva repulisti. Allora sulla stampa usciva un laconico comunicato che il bajiactar tal dei tali era stato assalito e ucciso da sconosciuti briganti e che la polizia indagava. Il Re mandava le sue condoglianze alla famiglia, faceva la faccia d’occasione e chiedeva al Governo italiano un funzionario per organizzare meglio la gendarmeria in modo da impedire per l’avvenire il ripetersi di simili incidenti ». « Il funzionario arrivava, il Re lo riceveva, dichiarala che'avrebbe accolto a occhi chiusi ogni progetto di riforma ; ma la Camera bocciava il progetto e tutto continuava come prima. Gli altri capi capivano la lezione e a Tirana n«>n ci venivano più, o ci venivano armati di tutto punto e con la loro scorta : certi ceffi alla don Rodrigo. In compenso neanche i gendarmi del Re si avventuravano mai nei feudi degli indocili vassalli. Se qualcuno per sbaglio ci metteva il piede ci restava. E questa era l'armonia unitaria dell'Albania ». • 9 • Nemmeno gli Ufficiali dell'Esercito (i giovani ufficiali educati nelle nostre Accademie militari), potevano aver stima nel loro Re, e quindi non lo amavano. Essi sapevano che Zog li guardava diffidente, memore della rivolta di Durazzo del 1928, alla quale l’esercito partecipò, e non a suo favore. Sapevano che egli preferiva, alla loro uniforme ed al giuramento, quel paio di tribù delle montagne di Mati a cui chiedeva gli uomini della sua guardia personale e l’eventuale aiuto in caso di bisogno. Insamma, tra Zog ed essi, esisteva una profonda