194 arsenali contenessero tanto materiale di guerra. A reggere le immense spese stanno per imporsi al nostro popolo tasse e carichi gravissimi, straordinarii. E il popolo non si duole, sopporta volentieri l'immenso peso ed è conlento di sacrificare alla patria le sostanze e le vite. Ma si rivolge alla Lombardia e alla Venezia, a Napoli, a Roma, alla Toscana, e dice: voi intanto che faceste? Quali furono i sacrifizii vostri? Se 140 mila uomini arma il Piemonte, 40 mila dovrebbe armarne, per essere pari la Toscana , 80 mila Roma, oltre 250 mila Napoli, e un numero eguale al Piemonte la Lombardia e la Venezia coi due Ducali. Esercito immenso, del quale appena un quarto basterebbe a distruggere interamente il nemico. Invece che avvenne ? Non parliamo di Napoli, dove un re traditore e spergiuro, ed un popolo incapace a scuotere il giogo, ci hanno tolto il concorso di olto milioni di fratelli. Ma gli altri fecero forse l’estremo di lor possa? Da qual parte venne un aiuto veramente forte e potente? Cinque mila toscani e dodici mila circa pontifici’! , tra soldati e volontari, prodi e valorosi, ma pochi ; c per giunta fatti ora inutili, o tornati a casa, dopo gl’infelici casi di Gurtatone, di Vicenza, di Treviso. I Lombardi diedero a principio numerose bande di generosi volontari ; ma furono lenii (benché ora seriamente vi lavorino) ad armare soldati. Cosi da niuna parie si ebbe un contributo di uomini, d'anni o di denari, che eguagliasse il bisogno^ e vi si avvicinasse almeno. E qual è la cagione di questo doloroso e funesto abbandono ? Oli troppo chiaramente ò aperta! In parto è quella fallace sicurezza, che ha perdute tante volte le cause de’ popoli, che fa pensare a molli che una grande rivoluzione possa compiersi standosene a casa, senza nulla mutare alla vita ordinaria , senza rinunziare neppure agii agi e comodi proprii. Ma prima e potentissima cagione si è che l’unione Italiana non esiste ancora. Non solo le diverse frazioni d’Italia non si sono ancora ricomposte nell'unità, la quale anzi pur troppo non pare desiderata; ma nemmeno si sono ancor collegate in una potente federazione. Glie diciamo? Nemmeno ancora hanno stretto un paltò d’alleanza, che faccia comune Poffesa e difesa, che determini il contingente di ciascuna parte alla comune guerra, che le faccia solidario della vittoria o della sconfitta. E questo errore non è solo de’ principi, ma de’ popoli. I primi paioli temere che vinto l’austriaco, il fruito della vittoria sia quello di spogliarli de’ loro stali, per fonderli in una sol.! nazione : e paiono ancora non voler guerra dichiarata all’Austria, per potersi scusare un giorno sull’entusiasmo dei popoli di quel poco che direbbero essere stati costretti a tollerare, t i popoli temono perdere la loro povera autonomia, e amano meglio restar piccoli, deboli, divisi, che uniti, forti e potenti. Cosi principi e popoli stanno quasi spettatori d’una guerra che si combatte per la comune indipendenza. Errore funesto ! Perchè se noi aspiriamo con tutti i nostri voti all3 unità, se crediamo che Italia non potrà mai essere sicura della sua indipendenza se non è una, aspettiamo però dal tempo, e dal libero consentimento de’ popoli, l'immenso beneficio. Ninno pensa ad eccitar con violenza i principi, o ad imporre per forza ai popoli ciò ch’essi non fossero per consentire liberamente. Ma l’unione, per Dio, si faccia subito : perche