414 proprii interessi — la persuasione che questi interessi erano fatalmente immedesimali con quelli dell’indipendenza Italiana. Ora (disgrazia per la Casa di Savoia e per l'Italia) gl’interessi dell’una si vanno separando da quelli dell’altra. Una transazione diplomatica, una cessione di popoli, un nuovo Campo-Formio si stanno preparando. I dominii della Casa di Savoja ne usciranno ingranditi. . . Che monta? Non è questa la causa da noi propugnata; la causa cui fu consacralo il nostro intelletto, il nostro cuore, cui si dedicarono tutte le potenze dell’anima, è quella della indipendenza e della libertà Italiana. L’abbiamo raccomandata a chi doveva, per utile proprio, difenderla^ farsene la sua causa in qualunque caso, trasformarla in questione di vita e di morte. Peggio per tulli . . . ma più ancora per quelli che coll’armistizio del 9 corrente innalzarono fra se e molti poveri popoli, invano lusingali, un muro di bronzo...... Coll’armistizio del 9 corr. fu ceduta al nemico Venezia. — della quale i Regii Commissarii Colli, Castelli, Cibrario avevano preso possesso due giorni innanzi! Ecco la peggiore fra le colpe e le vergogne dello armistizio. Cedere arbitrariamente al nemico una Città inespugnabile, che si liberò dallo straniero colle proprie forze, che liberamente elesse di far parte del nuovo Regno, e che aveva conservate tali garanzie, da non permettere al nuovo Governo la stipulazione d’un solo trattato di Commercio, senza il parere della Consulta. E Venezia si cede, si vende all’Austriaco senza consultare la sua volontà; si cede per mezzo d’un armistizio che in fondo contiene un disonorevole preliminare di pace; si cede con un atto nullo, perchè nessun Re costituzionale può arrogarsi la facoltà di alienare il territorio della nazione, neppure in minima parte — e perchè d’altronde il Ministero responsabile non fu consultato, ed ora apertamente protestò contro il danno e la vergogna del brutto convegno. Intanto i Regii Commissarii con alto veramente Italiano dimettono l’autorità, niegano partecipare all’esecuzione dell’armistizio, incoraggiano i Veneti alla difesa. E il popolo di Venezia, dall’ira facendo passaggio al più generoso entusiasmo, dichiara volersi difendere, rimette sul seggio dittatoriale quegli ultimi che godono e meritano la sua confidenza, maledice il momento in cui lo indussero a dare il suo voto per un Re, per un Governo che solo ne fecero oggetto di scambio, di vendita. Non lo dissimuliamo ; questa voce del popolo Veneziano è fatale — rappresenta pel Re male consigliato un giudizio storico — rinfaccia ai malvagi consiglieri la falsissima posizione in cui posero tanto il Sovrano, quanto la Dinastia, separando glJinteressi loro da quelli dell’Italia, facendoli divenire interessi meramente Piemontesi. La parte retrograda dei-1’aristocracia Piemontese precluse alla Casa di Savoia una nobilissima via. Ma in mezzo a tante perdite, a tante disonorevoli scissure e delusioni, è grande, è importantissimo il fatto della resistenza di Venezia. Un nuovo fuoco si è desto in quel recinto inaccessibile : può accendere, può destare dal dubbioso letargo molti popoli Italiani. E quel fatto può divenire di supremo interesse per l’Italia; può riprodurre i prodigi della