427 teva indurre alla fuga la tema di sovraimposizioni, di requisizioni insopportabili, chè il carattere di pubblici impiegati era a noi tutela, e sicuri nelle persone e nelle cose potevamo rimanerci. Non fu dunque l’interesse, o la paura che ci faceva abbandonare le nostre case, le nostre proprietà e col meschino fardello del proiugo congiungerci a Venezia. Era il vero amore di patria che qui ci chiamava, la volontà decisa e pronunziata di seguire qualunque ei fosse il destino di questa patria, ed in essa ognuno, nella sfera dei propiii mezzi, cooperare alla sua indipendenza. Quale fu 1’ accoglimento che ricevemmo come impiegali? E doloroso il ricordarlo. Al nostro subordinato rassegnarci alle rispettive Magistrature ci fu detto: dovevate restare ai vostri posti: chi ha bisogno del salario dell’ impiegato per vivere, deve servire quel Governo che lo paga} sia l’Italia o V Austria. E questi sono coloro a’ quali si conservano posti influenti, stipendii generosi! Vili coloro che nutrono cotali sentimenti, Italiani solo di nome a nostra vergogna e nostro danno ; aborti allevati e cresciuti sotto il covo dell’ Aquila rapace. Pur troppo col fatto ci fu confermata la pronunciata sentenza. E mentre si conservavano e si conservano nei loro impieghi e soldi, individui che dalle Provincie furono scacciati per sentimenti antipatriottici, nessun provvedimento a riguardo degli esuli per amor di patria. E cosa si domandava infine al Governo? un’occupazione se conciliabile coi bisogni della patria; questa mancava perchè si vollero conservare e si conservano ai posti anche secondarii, individui, che levati dalle anticamere degli Avvocati e dei Notaj, perfino dai banchi dei Merciai, nessun titolo potrebbero vantare perchè si conservassero loro le destinazioni avute nelle inevitabili vertigini dei primordi di una grande rivoluzione. Si domandava un sussidio per quanto i mezzi della patria lo permettevano: la patria non ha mezzi pegli esuli impiegati fu a noi ripetuto. Sia pure, ma di chi è la colpa ? Voi che avevate e che avete il potere, siate di coscienza italiana e rispondete. Non vi erano assolutamente mezzi per prevedere e provvedere fino dai principii del vostro reggimento ai bisogni tutti della patria, e toglierla dalie angustie sofferte e dalle presenti, onde non metterla nella dura necessità di essere ingiusta? Avete equamente distribuito il danaro che erogaste nelle vostre mani; lo distribuite al presente con equità da giustificarne il rifiuto alle nostre domande ? Se nulla avete a rimproverarvi, sia pure ingiusto il nostro lamento, soffriremo in pace la nostra sorte. Ma almeno una parola di speranza e di conforto si domandava al Governo ; questa pure ci fu negata. Nessuna risposta, la non curauza del disprezzo. Oh la è dura questa sentenza! terribile a sopportarla nelle attuali circostanze per chi sente batter in petto 1111 cuore veramente italiano. Pegli esuli impiegati derelitti GIOVANNI Dottor ALBERTI.