•W p 24 Agosto. ITALIA 399 PARTICOLARI INTORNO ALLA CAPITOLAZIONE DI MILANO. Leggiamo nel Contemporaneo del 18 corrente: Ci giunge una lettera di un testimonio oculare della catastrofe milanese. Non è possibile frenare le lagrime di rabbia e di pietà insieme. Infelice città ! Pagasti cara la tua fiducia. Se li avessero lasciala libera delle tue azioni, tu avresti rinnovate le tue cinque gloriose giornate, l’austriaco o sarebbe tornalo indietro, o non avrebbe trovato che mine, ma da quelle mine sarebbe uscita la libertà d’Italia, ma il tuo nome, o Milano, sarebbe stato adorato come quello di una Divinità. Per venderti bisognava prima comprarti al gran mercato delle fusioni, poi bisognava legarti le mani e spezzare la tua spada, e gettarti nuda come una schiava in braccio al Croato, che solo non avrebbe potuto domarti. Infamia! Infamia ! Un grido di orrore si è alzato da ogni petto italiano : è la vendetta di Dio che prepara i suoi fulmini. Si tentò d’ingannare Venezia come fu ingannala Milano: quella città, che pochi giorni prima si era data ad un re, era già stata venduta al-l’Austriaco mentre riposava tranquilla all’ombra dello scudo di Savoja. Non seppe il suo destino che il giorno dodici: non poteva crederlo, ina la ilotta sarda che si allontanava le palesò tutta la verità fatale. Resisti, o antica regina dei mari, o baluardo della indipendenza italiana, resisti ancora. Forse la Francia per cancellare con un atlo generoso 1’ antica colpa di averti venduta a Campoformio accorrerà in tuo soccorso. E una sorella che invoca una sorella. Noi intanto continueremo a registrare tutti quei falli che servono a dimostrare il tradimento, e che devono persuadere agl’italiani non dover’essi sperare che nel popolo, troppo generoso, troppo credulo talvolta, ina traditore giammai. Novara, 10 agosto. » Voglio parlarli della tradita Milano; credimi come testimonio del fatto. Non ne avrai avuto finora che relazioni inesatte e confuse. » Carlo Alberto fu battuto sotto Mantova. La sua armata dispersa sopra una vasta superficie, tenuta nell’ozio, sfiduciata, sprezzante i suoi inetti e malintenzionati generali, doveva essere battuta ogni qualvolta piacesse a Radetzky di assalirla. La ritirata fu una fuga — guai però a chi osava dirlo: il partito spegnitoio, i governi servili aveano preso il vezzo di chiamare austriaco e di designare alla cieca ira del popolo chiunque non batteva le mani ai falsi bollettini della spada d'Italia. Alla prima vista dei laceri abbattuti soldati piemontesi che sciolti dai loro corpi, squallidi, malati si trascinarono a Milano, la città fu presa da spavento ed imprecò agli sciocchi che l’avevano tenuta in così lungo in-