360 Vi furono e vi sono repubbliche ove la libertà è un nome, e la tirannide un fatto. Vi furono o vi sono monarchie, ove il cittadino goda di una piena e sincera libertà. L’inglese ed il Belgio, che pur vivono sotto una monarchia, sono assai più liberi che non lo Svizzero in molti de’suoi cantoni, e specialmente ne’cantoni più democralici. Quivi pochi intriganti dominano, e tutti gli altri non sono che istromenti della loro ambizione e della loro avarizia. Ivi i tribunali non sono liberi, ma soggetti alla prepotenza delle fazioni; debole è il governo e mutato violentemente quasi ogni decennio; senza forza, e non di rado senza dignità i magistrati; la giustizia è mercenaria o parziale; il delinquente è incolume se alcuni dei primeggienti lo proteggono: non speri sicurezza, non equità, chi soccombe sotto l’impeto di fazioni contrarie; gl’impieghi dati ai partigiani, non ai meritevoli; il peculato quasi all’ordine del giorno, le rendite pubbliche sciupate misercvolmeute; i più flagranti abusi, impuniti. Aggiungete che la discordia vi è perpetua, tra distretti e distretti, comuni e comuni, tra famiglie e famiglie; e non di rado tra i membri di una stessa famiglia che si amano come Caino ed Abele; quindi perpetue le rivalità, le contraddizioni, le persecuzioni, le calunnie, i ferimenti e persino gli omicida. La repubblica in teoria è una splendida cosa, e sembra lo stato il più naturale all’uomo; ma in pratica è disordine. Le fazioni essendo inevitabili, elle tendono alla divisione, ed infatti tutte le repubbliche finirono col dissolversi in varie parti, indi a cadere sotto il giogo dell’assolutismo. Le sole repubbliche che offrano condizioni di durata, sono le aristocratiche: ma oggi giorno chi pensa a ravvivare siffatte repubbliche? L’iu-civilimento moderno tende alla democrazia, o vogliam dire all’eguaglianza dei diritti in tutte le classi (Iella società. Ma se la democrazia associata colla monarchia genera la libertà, l’assoda, la fortifica, abbandonata a sè stessa, degenera ben tosto in anarchia; tutti vogliono comandare, tutti primeggiare; quindi le fazioni si formano, dalle fazioni i contrasti, le lotte, le nemicizie, la debolezza nel governo, la licenza nei privati, la dissoluzione dello Stato, e per ultimo complemento la tirannide. Ove sono andate tutte le nostre repubbliche del medio evo ? Oh quanto breve fu la loro gloria ! E donde provenne la potenza degli Ez-zelinij degli Scaligeri, dei Bonacorsi, dei Gonzaga, degli Ordelalfi, dei Varano, dei Malatesta, dei Torriani, dei Visconti, ed in ultimo dei Medici? E come vissero quelle repubbliche, se non sempre travagliate da due fazioni municipali, e da interminabili discordie, da dover far desiderare più di una volta, come una darsena di rifugio, il dispotismo dittatoriale di un solo ? Di quale libertà godettero i nostri maggiori? Di quella di chiamarsi gli uni Guelfi, gli altri Ghibellini; di dirsi io sono Milanese, ed io Lodi-giano, Pavese, Bergamasco, Comasco, Bresciano, Modenese, Bolognese e così via via; di quella di stracciarsi a vicenda le case, di vendersi a vicenda i beni all’asta pubblica, d’ingiuriarsi e perseguitarsi a vicenda per un nome che non avea un significato, o per frivole gelosìe municipali. Nè ci dite che i tempi sono cangiati: noi siamo ancora i figli dei nostri padri; nelle nostre vene scorre il sangue che di retaggio in retaggio ci