468 sercizio di queste imprese lascino poca parte alle libere contrattazioni... » (1504). Vi è, tuttavia, un punto ove emerge tutta l’erroneità della tesi sostenuta dal Pateri: ed esso sta nel definire le imprese di pilotaggio come imprese di speculazione miranti definitivamente al lucro. Il Corpo dei piloti diverrebbe così una società commerciale irregolare per difetto delle usuali forme di pubblicità. Noi sappiamo, infatti, che negli affari marittimi il codice non esclude dagli alti di commercio quelli compiuti senza scopo di speculazione commerciale, giacche tali atti possono riguardare tanto il commercio marittimo, quanto la navigazione in antitesi a quello (1505). Sappiamo, ancora, che a realizzare 1’ atto di commercio basta una funzione intermediaria dello scambio, anche quando questa funzione non ha scopi di lucro, ma ragioni di sociale interesse (1506). Conosciamo, d’altro canto, che questo scopo di lucro o di guadagno, unito ad un’attività permanente, è necessario perchè si acquisti la qualità di commerciante (1507). Si arriverebbe così a camuffare da società commerciali le Corporazioni dei piloti, già esaurientemente da noi descritte come persone giuridiche pubbliche. Come tali esse non possono, per espressa disposizione di legge (art. 7 cod. comm.), acquistare la qualità di commercianti, pur rimanendo soggette alle leggi ed agli usi commerciali (1508). Non si trova, ad ogni modo, in (1504) Vivante, loc. cit., p. 101, n. 62. (1505) Vivante, cit., p. 112, n. 79. • Il Berlingiebi F. pone le norme legislative sui piloti pratici nei provvedimenti diretti a garantire la sicurezza della navigazione e riferentesi più specialmente alla navigazione. (1506) Rocco, loc. cit., pagg. 251, 252. (1507) Rocco, loc. cit., pag. 294. (1508) Rocco, loc. cit., p. 304; idem, Corso, cit., 1921, pagg. 290, 291; Vi-vante, loc. cit., p. 141, n. 108: « Non sono commercianti lo Stato, la Provincia, il Comune perchè non si occupano professionalmente di affari commerciali. Le aziende che essi esercitano son di certo rami della pubblica amministrazione, e gli affari che essi compiono sono affari dello Stato, del Comune e della Provincia; ma queste aziende accessorie non possono snaturare, per quanto siano importanti, il carattere dominante ed essenziale degli enti pubblici costituiti a tutela del diritto e dell’economia nazionale ». (1509) Cfr.: Ricci, Diritto civile, I, pagg. 4, 5; Fadda e Bensa, op. Hi.. I, p. 797; G. Brunetti, Scritti giuridici varii, voi. II, p. 55; Sraffa, in Arch. Giur., LI, p. 389.