28 Le norme sul pilota pratico sono contenute nel titolo c< des pilotes lamaneurs ou loemans », composto di 18 articoli, pressoché uguali agli art. 24 e 25 dei Rôles, ed 86, 87, 88, 89, 99 dell’Editto del 1584 (8?). La materia trattata, è in parte d’indole amministrativa, in parte relativa ai salari, ai diritti e doveri ed alle pene. Gli articoli 8, 18 condannano il pilota pratico che, ubriaco, intraprenda il pilotaggio d’ una nave, all’ammenda di soldi 100 ed all’interdizione dal suo mestiere per la durata di un mese; alla pena della frusta ed all’interdizione perpetua, nel caso di naufragio per ignoranza; alla morte, con esposizione del cadavere nel luogo del naufragio, se la nave è, dolosamente, fatta urtare contro terra od incagliare in un banco di sabbia (88). Correlativamente, sono anche puniti di morte « les seigneurs des fiefs voisins de la mer et tous autres qui auront forcé les pilotes et locmans de faire échouer les navires, aux côtes qui joignent leurs terres pour en profiter sous prétexte de droit de varech (diritto di naufragio) ou autre ». (art. 44, Tit. IX). Anche il capitano ha, però, dei doveri verso il pilota; infatti, l’art. 11, Lib. IV, tit. 3, l’obbliga a dare a questo, non appena salito sulla nave, tutte le indicazioni sul tirante d’acqua rica (Bolivia, Perù, Columbia, Messico, Venezuela), di molti fra i cessati Stati d'Italia, quali il Napoletano del 1819, il Parmense del 1820, il Pontificio del 1821, l’Estense ed il Modenese del 1851, l’Albertino del 1842. Su quest’ultimo si compilò il codice italiano del 1865, che resse il traffico nazionale sino al 1883, data del nuovo cod. di comm. oggi vigente, pur esso influenzato dal codice e dalla legislazione francese per ciò che concerne il diritto marittimo. (87) Le Ordinanze del 1573, 1584, 1629, 1673, si occuparono quasi esclusiva-mente del diritto pubblico. (88) La stessa Ordinanza, all’art. 7, tit. « Du pi late ». rende passibile della pena di morte anche il pilota ordinario che abbia danneggiato dolosamente la nave. Anche il diritto marittimo danese di Federico II del 1561 e di Cristiano V del 1683, rispettivamente al cap. 5 ed all’art. 5 del cap. I, danno al padrone il diritto sul corpo e sulla vita del pilota ordinario, il quale abbia, per inesperienza, cagionata la perdita della nave e delle merci e non abbia di che pagare i danni. Cfr. Pardessus, op. cit., Ili, pagg. 244, 245, 269, 270.