423 245. - Distinzione fra comando di diritto e comando di fatto. — A questo punto è necessario osservare, che l’aver trovato una risposta al quesito del comando non è sufficiente ad illuminare quelli che sono i rapporti fra capitano e pilota, cioè a dire il ruolo rispettivo da ambedue assunto sulla nave. Il perchè di questo va in ciò ricercato : che il fervore delle discussioni aridamente teoriche, proprie della questione del comando, ha reso possibile che venisse trascurato l’esame del fatto, cioè di quella viva pratica che è elemento fondamentale e fattore importantissimo per dar soluzione ai problemi del diritto marittimo senza incappare nell’assurdo o peccare d’incompletezza. Il Danjon notava, appunto, con quella mirabile visione d’insieme che caratterizza il suo spirito d’indagine, che se le due opposte tesi (francese e tedesca) divergono dal punto di vista teorico, esse sono tutt’altro che inconciliabili nella pratica, adoperando ognuna di esse temperamenti tali da condurre ad uno stato di cose molto simile in tutti i paesi (1299). È giocoforza riconoscere la verità di tale osservazione. Esaminiamo prima la tesi tedesca : vi si ammette, bensì, che il capitano abdichi alla direzione delle manovre a favore del pilota obbligatorio, ma si esclude che ciò importi l’abbandono d’ogni sua attività e la totale paralisi delle sue facoltà di comando. Il capitano ha il dovere ed il potere di rimanere sul ponte, d’informare con accuratezza il pilota sulle caratteristiche di galleggiabilità, tonnellaggio, immersione, velocità, forza d’ impulso della nave affidatagli, di vigilarne la navigazione, di controllare le manovre ordinate dal pilota, facilitandone i compiti col trasmetterne gli ordini all’equipaggio ed assicurarne la perfetta esecuzione (130°). Ma il capitano fa anche di più : spodesta il pilota che lo (1299) Danjon, op. cit., II, 127. (1300) Corte Suprema d’Inghilterra, 12 marzo 1907, S. 1909, 4, 21; Alta Corte di Giustizia, 19 aprile 1912, Autran, 1911-1912, p. 876; App. Caen, 16 luglio Ì879, Giur. comm. it., 1881, III, 7: « ...le capitaine... reste en tant que maître de la nef, « tenu de la sourvellanee du pilote, qu’en dehors de la, et sauf des cas de témé-« rité ou d’erreurs évidents, il peut et doit, en ce qui est de la compétence spé-« ciale du pilote, s’en rapporter à l’expérience de celui-ci ».