- 23 — lennemente nel patto federale con Venezia alla testa, riconosceva pur sempre l’egemonia degli Imperatori di Bisanzio, serbando integra la propria autonomia economica municipale e repubblicana. In virtù di cosiffatti vincoli, ossequenti alle antiche tradizioni regionali illiriche, Venezia si apparecchiava a ritrarre il massimo profitto dalle sue colonie libere. A ciascuna di esse, quella Repubblica aveva preposto un prefetto, il quale non aveva facoltà d’ingerirsi nell’amministrazione interna municipale, ma unicamente il compito di diventare il comandante delle forze armate federali di terra e di mare in caso di guei-ra contro il comune nemico. Queste autonomie regionali e queste libertà repubblicane erano rimaste talmente inviolate, sì da presumerle del tutto aliene da ogni ombra di soggezione politica a Venezia, che, nel 1018, Cresimiro, re dei Croati, non esitò ad accampare pretese sul Municipio Zaratino che, naturalmente, stretto come era in lega con Venezia, aveva cessato da tempo di pagargli ogni tributo. Il Doge Ottone Orsèolo non tardò allora a scendere in Dalmazia in soccorso della libera città di Zara. * * * Attraverso le vicende del rimanente periodo dell’Evo di Mezzo, nelle lotte tra Croati, Bizantini e Magiari, se mutano nelle forme i rapporti politici delle libere comunità commerciali dalmate con Venezia, non muta però la sostanza dei rapporti medesimi. Il governo che vi adottò la Repubblica, era una specie di oligarchia regionale, delegata in parte a Dalmati che esercitavano l’autorità in nome della madre patria ed in parte ai Veneziani. In questa oligarchia risiedeva appunto la forza ed il vigore degli ordinamenti delle libere colonie veneziane di Dalmazia. Il Provveditore generale, mandato dalla Signoria, esercitava la somma dell’impero sull’intera provincia, nella giustizia, nelle finanze, nei culti, nell’esercito e nella marina, per un triennio: aveva attributi da governatore as- *