- -27 — dato sopra una stretta oligarchia, aveva bisogne per sopravvivere alle evoluzioni ed alle rivoluzioni dei tempi nuovi, di tempre e di virtù, nell’oligarchia stessa, smarrite da gran tempo. In questo fermento, tra il vecchio oramai decrepito ed il nuovo fattosi audace e prepotente, cadde il governo aristocratico di Venezia. Esso abdicò il 12 maggio 1797 in favore della municipalità democratica francese. La Dalmazia, in forza dei patti di codesta dedizione, si ritenne sciolta da ogni vincolo con Venezia e con il nuovo regime repubblicano, talché rimase per alcun tempo in balìa di sè stessa e delle autorità venete locali. Si lusingavano queste ultime di poter sfrattare ancora in senso autonomo le vitalità superstiti nelle amministrazioni locali, di benefi- . ciare delle accumulate economie, di rinfocolare in virtù di codeste energie una reazione a vantaggio della prostrata Signorìa, eccitando quel grande rispetto e quel grande prestigio che essa aveva saputo cattivarsi tra le popolazioni dalmate sottoposte. Ma le forze disponibili per quest’impresa nelle libere comunità dalmate erano insufficienti. Alcuni mestatori politici avevano già approfittato delle condizioni anarcoidi del paese per sollevare il proletariato, in guisa da sospingerlo a pericolose reazioni. Era questo movimento uno sfogo del terzo stato contro la borghesia illirica fatta audace per le accumulate ricchezze ; cui si attribuivano inoltre delle tendenze sovvertitrici ed irreligiose : la borghesia, da sua parte, portava profondo rancore alla nobiltà: il clero, in questo tramestìo di passioni e di tendenze, appariva discorde ovunque. Insomma, gli ordini sociali, politici ed economici cadevano in rovina per difetto di gente adatta a governarli. In questi frangenti, per naturale fenomeno storico e sociale, si provò di ritardare l’immensa rovina l’elemento militare Veneto-Illirico, l’unica forza rimasta ancora superstite nello sfacelo dei tempi, degli uomini e delle istituzioni.