— 39 — di ristaurare l’antico governo oligarchico ed autonomo, favorita ed incoraggiata dalla gente del contado. Con l’aiuto degli Inglesi, i Ragusei- assediarono i Francesi ancora rimasti nel Forte Imperiale: Hoste promise di,riconoscere l’indipendenza della libera repubblica dalmata, tosto che i Francesi si fossero arresi nella loro cittadella. Ma resistendo questi ultimi con il generale Montrichard, oltre il preveduto, gli Austriaci ebbero tempo di intervenire con il pretesto di portare aiuto alla restaurazione delle antiche libertà promesse dall’Hoste, ma in realtà con lo scopo di mettere subito mano sulle opere di fortificazione che dominano Ragusa, non appena fossero cadute, e per mantenere per esse la città assggettata. Così infatti accadde : il generale Milutinovich, vinte le resistenze, dichiarò decaduto il libero governo provvisorio locale, durato nel suo complesso circa 18 mesi. Le Bocche di Cattaro ed i Montenegrini resistevano tuttavia in questo frattempo. Il Ylàdica infiammava le genti del littorale con la promessa « della prossima risurrezione « degli antichi privilegi, in nome delle vecchie glorie e del « glorioso passato ». (1) Il 28 settembre 1813, bande di Montenegrini e di Bocchesi comparvero davanti al forte della Trinità (Troitza) che sbarra la strada da Budua a Cattaro, denominato anche le Termopoli delle Bocche, ed obbligarono alla resa quel presidio francese, che era composto di mezza compagnia, del 1° battaglione, del 4° reggimento Leggiero Italiano (luogotenente Campagnola). Di là i Bocchesi ed i Montenegrini dilagarono per il profondo e magnifico golfo di Cattaro, cittadella naturale aperta nella roccia e nel mare : cadde il passo di Cobila, guardato da sud-ovest dalla batteria di Punta d’Osti-o, capitolò la batteria di Castelnuovo, quella di Porto Rose e delle Catene. Usciti fuori dal bruno golfo al mare aperto, sui promontori di Ostro e di Arza, apparvero agli occhi dei Montenegrini e dei Bocchesi le navi amiche d’Inghilterra, promessa e presidio d’ogni libertà e di (l) Paul Pisani. — Op. cit, pag. 463.