— 53 — la Dalmazia e nell’interno, rimase incompreso ed inesaudito; non tanto però che il governo austriaco ne traesse ammaestramento e norma per la tutela della sua banchina commerciale dalmata. * * * . Nella mente del Ylàdica montenegrino, si trattava infatti di comporre una grande compagine etnica Slavo-Croata, uno stato unitario federale tra tutte le province Jugo-Slave dipendenti dalla monarchia austriaca, di soddisfare insieme al profondo desiderio di quelle genti di possedere uno sbocco sul mare, sogno accarezzato dì tutte le popolazioni montanare ; di raggruppare insomma in un unico corpo politico tutti gli abitanti della Croazia, della Slavonia, della Bosnia e della Dalmazia, cui avrebbero dovuto aggregarsi in seguito anche quelli dell’Istria e della Carniola. Dal punto di vista storico, non si trattava altro che di ricostrurre sopra basi più larghe le antiche forme federali illiriche vagheggiate ed attuate soltanto in parte dal genio di Napoleone: dal punto di vista politico, ciò significava l’avvento nel mezzodì della monarchia Austro-Ungarica di un grande e compatto regno Slavo, forte di oltre sei milioni e mezzo di sudditi. Questo Stato sarebbe diventato per intero tributario dei commerci ad natici a Trieste, a Fiume ed a Cattaro, all’infuori e, possibilmente, contro l’orbita delle influenze austriache. Le tradizioni storiche del Montenegro, attestano la mirabile continuità ed il vigóre delle sue genti in questo proposito di assicurare alle popolazioni serbe codesti sbocchi sullAdriatico. Nel 1838, Montenegrini ed Austriaci vengono a conflitto per ragioni di possesso territoriale e di frontiere nel contado di Cattaro: poco appresso essi si studiano di allargare il loro dominio da Grahovo al mare, e di impadronirsi della breve striscia littoranéa che intercede tra il territorio di Cattaro e quello di Rag usa; infine si maneggiano per raggiungere Vazzurro mare, dalla parte degli scogli di Spitza.