- 28 - * * * Oltre a 10,000 Schiavoni militavano alla caduta della Repubblica nel Veneto, gli eredi in patria di una specie di tradizione delle colonie militari romane. Il 10 maggio, questa falange del proletariato delle armi, per pusillanimità del Senato di Venezia fu rinviata a Zara: la guidava Nicolò Mocenigo con il compito di provvedere all’immediato congedo degli Schiavoni. Andrea Querini, provveditore di Dalmazia, trattenne a Zara le compagnie che gli sembravano più disciplinate ; le altre si affrettò di rimandare ai , rispettivi paesi d’origine. Accesi la mente per la novità delle cose di cui erano stati testimoni a Venezia, questi soldati diffusero per l’Il-lirio, come un fremito, la fama delle concussioni e delle violenze perpetrate dai Francesi, ed annunziarono che questi sarebbero prestamente discesi in Dalmazia per rinnovare le gesta che avevano provocata la caduta della Repubblica. Un’onda di odio largo e profondo si sollevò, per opera di questi ultimi soldati di Venezia, per tutto il littorale. I Francesi erano dipinti come giacobini ed atei: le fantasie ingigantivano i racconti e gli episodi tra le masse popolari, con la forza ed il vigore delle leggende. In questo fermento, l’oligarchia militare guadagnò facilmente quell’autorità e quel prestigio che l’organismo politico aveva smarrito, e si ravvivarono sempre più alla prospettiva di una prossima occupazione straniera, cui dovevasi reagire ad ogni costo con la forza delle armi. Parallelamente a questi moti, suscitavasi in seno alle municipalità dalmate il proposito della difesa delle proprie autonomie, a qualunque patto, per imprescindibili interessi economici. Fino dal luglio del 1797, il governo austriaco era stato nominalmente instaurato nella Dalmazia. Ma uno dei primi ostacoli che esso si trovò a fronte, fu il riconoscimento delle libere istituzioni locali, rinvigorite ed imbaldanzite appunto per il risorgere di codesto militarismo Veneto-Illirico.