IL FOLKLORE E IL d’ANNUNZIO 85 spirituale della razza, tanto più genuina quanto più è umile e terragna, rimerita il Poeta che 1’ ha indagata e l’esprime con imagini di pura bellezza, conducendolo a scrutare e comprendere il mistero millennario della tradizione popolare. Basterebbero i capitoli quinto, sesto e settimo del libro quarto, intorno al Santuario di Casalbordino, desiato per anni interi, intrav-visto nelle speranze ardenti come il refrigerio e la fine di tanti dolori, invaso, quasi investito, quasi assaltato dalla turba innumerevole dei malati e dei fanatici, che il Poeta descrive, non già con i facili colori delle libere fantasie, ma con la scrupolosa diligenza dello storico e dello psicologo, dacché quei capitoli sono “ risultato di un’ osservazione diretta, ripetuta nello stesso luogo e alla stessa epoca per più anni di seguito „, basterebbero, dicevo, a dimostrare la cura di verità adoperata dal Poeta nell’esame dei singoli fatti, la potenza di penetrarli, la virtù insuperata di rappresentarli, creandone un quadro di vigoria e di pienezza singolarissime. Nel Trionfo, secondo una mia impressione, vaga uno spirito di folklore indefinito, come una larva di pregiudizio atavico, che imprime al romanzo una fisonomia particolare. L’uomo, attore primario o secondario, non si muove libero e autonomo, padrone della sua vita, ché un legame sottile, ma infrangibile, lo collega alla sua razza, lo trae per vie non prescelte da lui, e un’ interiore forza inconsapevole gli