8o IL FOLKLORE E IL d’aNNUNZIO in una stessa attitudine semplice e quasi jeratica, simili alle canefore dei bassirilievi ateniesi, cantando. Come giungevano alla casa, presso il talamo, si toglievano il canestro dal capo, prendevano un pugno di grano e, a una a una, 10 spargevano su la sposa, pronunziando una formula d’augurio rituale, in cui la fecondità e l’abbondanza erano invocate. Anche la madre compiva la cerimonia frumentaria, fra molte lacrime; e con un panello toccava alla figlia 11 petto, la fronte, le spalle, dicendo parole di dolente amore „. Partecipe del convito, quasi poeta cesareo di corti imperiali, sul finire Mungià, acceso di bacchica letizia, s’ avanzava a capo scoperto “ con in mano un bicchiere colmo, e cantava un bel distico rituale che nei conviti della terra d’Abruzzi suol dischiudere ai brindisi le bocche amiche: Quistu vino è dòlige e galante A la saluta de tutti quande Si direbbe che il D’Annunzio abbia voluto qui cogliere il poeta di popolo nella funzione sua più solenne, lumeggiando, al tempo stesso, la scena e l’attore. Così nel Cerusico di mare il poeta tratteggia il tipo del medicastro, accennato più volte qua e là, che, per stolida presunzione e supina ignoranza, cagiona dolori, danni e perfino la morte.