IL FOLKLORE E IL d’aNNUNZIO qua e là per le montagne d’Abruzzo, che vive di elemosine, nella solitudine montana, in una forma di santità medievale, e parla un linguaggio mistico e sentenzioso, quasi ispirato e profetico ; della vecchia delle erbe, specie di strega e di medichessa, quasi ispirata essa pure, misero avanzo umano, non sai dire se di colpe commesse o di patite sciagure immeritate; e del cavatesori e di altri, elevantisi e distinguentisi con caratteri propri dalle turbe monotone e uniformi. E che dire delle turbe, il cui cicaleccio, formato di ansiose interrogazioni, di esclamazioni abitudinarie, di detti e di imprecazioni, di auguri, di interiezioni e di invocazioni, viene dal Poeta intrecciato di vociferazioni, di compartecipazioni quanto mai fedeli, quanto mai veraci? Siano poche o molte le persone aggruppate, sia lieta o triste la scena, il D’Annunzio la ritrae con tocchi e movenze rapide e icastiche, rispondenti al luogo, al momento, all’azione, alla condizione mentale e morale, così fedeli, che più non si potrebbe, senza cadere nello sciatto né nel banale. Sebbene indocumentabili, questi tratti della tragedia sono rispondenti al vero più di qualsiasi altro. Superstizione Notizie d’arte e di scienza, echi di poesia e di canto, riti, usi e costumi, simboli, preci e scongiuri, e tutto quanto palpita e geme e gioisce