IL FOLKLORE E IL D’ANNUNZIO IOI la grande utilità e la necessità del folklore. Utilità per autori d’ogni genere, scrittori, pittori, artefici; necessità che lo conoscano lettori e osservatori d’ogni maniera, che vogliano comprendere e valutare l’opera d’arte che dal folklore spesso promana. Formano gli elementi folklorici una specie di terreno, donde spuntano le piante del bene e del male, dove si alimentano i germi di tutte le azioni, formano una mentalità strana e penosa da cui deriva la vita spirituale del volgo, della quale gli scrittori, di solito, colgono le sole specie esteriori, mentre il D’Annunzio afferra la spirituale intima essenza. E la rivela con tratti maestri. A confronto con le opere d’Annunziane esaminate, il Trionfo, nel rispetto della comprensione del folklore, segna un evidente progresso. Ma il Poeta non s’attarda. Dal Trionfo, in cui la materia folklorica è distribuita in copiosa dovizia, egli trae gli elementi per la Figlia di Jorio, prettamente folklorica. Scompaiono, naturalmente, Giorgio e Ippolita, col loro fardello mentale di persone civili, e si fanno alla ribalta solo figure plebee, la narrazione diventa azione, il generico si attua e concentra nelle poche persone della scena tragica. A Giorgio Aurispa si sostituisce Aligi di Lazzaro di Roio, a Ippolita, Mila. Alcuni dei pregiudizi, artisticamente rinfor-