IL FOLKLORE E IL D’ANNUNZIO 121 Per analogo proposito del Poeta, alcuni degli oggetti artistici hanno qui ufficio molto osservabile, ché la mazza di sanguine, in cima alla quale Aligi aveva scolpite tre vergini a imagine delle tre sorelle, e l’angelo da lui parimenti scolpito, a ricordo di quello apparitegli, penetrano nell’azione scenica, quasi fossero personaggi vivi e partecipanti, e l’accompagnano sino alla catastrofe. Lo stesso Aligi, che elabora l’angelo, la mazza e quegli altri oggetti di legno, ha spirito e senso di artista più alto di un semplice tornitore e intagliatore. Ed è figura popolare e reale. Egli è il pastore della montagna, solitario e pensoso, mistico e ardente: vede la faccia dell’angelo suo atteggiarsi a pianto e a sorriso, partecipare alle passioni dell’artefice; e quasi ne lo rimunera, quando si propone di portarlo seco, sopra una mula, al grande “ Pastore dei pastori come voto per conseguire la dispensa dal matrimonio con Vienda; e quando, vicino all’orrendo supplizio, vuole lasciarlo, insieme con la mazza, per lagrimevole eredità, alle dilette sorelle, alle quali per sua colpa nessuno canterà più, sotto la finestra, al sereno, le dolci canzoni d’amore. Le vigilerà, almeno, l’angelo muto, l’angelo apparito, il capolavoro della sua rustica arte, il compagno dei suoi dolori. Quanta profondità di sentire in questo pastore, che si fa parricida, sì, ma ha forza d’invocare, nonché