20 LINO LAZZAR1NI rifluire, ricevendone impulso e carattere, la cultuta latina di Venezia. Già alla fine del duecento troviamo un tentativo di prosa magniloquente, in cui il cursus sembra acquistare movenze classicheggianti, scritta in Curia: il decreto di Giovanni Dandolo che riguardava il migliore ordinamento.dell’Archivio ufficiale x). Del resto, oltre Tanto, la Cancelleria s’era gloriata di Iacopo Bertaldo, (morto nel 1315), ecclesiastico, prima notaio e poi cancelliere ducale fino alla sua elezione a vescovo, che nello Splendor consuetudinum Venetiarum studiò l’ordinamento della curia giudiziaria e del diritto veneziano *). Diritto che era assai coltivato in Venezia, che aveva non solo lettori in leggi e come consultori di Stato i più celebri giuristi (basti pensare a Riccardo Malombra3), ma i suoi cittadini nobili che vi si distinguevano, tanto da venir ricercati dalle città come Podestà e chiamati nelle cattedre degli Studi4). Altro mezzo per la penetrazione della cultura latina. Concludendo, Venezia non era assente a quel movimento letterario che a Padova ora massimamente annunciava il rinascere del culto delle forme e dell’anima latina : ma non esprime alcuna notevole personalità ; è un movimento di carattere ufficioso, alimentato in gran parte da uomini di altre città, che appartenevano alla scuola, al ceto notarile e più specialmente alle cancellerie della Repubblica, a quello ecclesiastico ; la parte più ricca e numerosa dei cittadini si occupava infatti della poesia volgare. Nel sempre maggior vigoreggiare dell’ influsso toscano, mentre si spegneva assai lentamente la produzione epica in franco-veneto s), M V. Clan, La cultura e l’italianità di Venezia nel Rinascimento, Bologna, 1905, pag. 13, 2) G. degli Agostini, Notizie istorico-critiche intorno alla vita e le opere degli scrittori viniziani. Venezia, Occhi, 1752, I, 515 sgg. Lo Splendor ecc., ed. Schupfer, in Bibl. iur. del Gaudenzi, Bologna, 1895. 3) Besta, Riccardo Malombra, professore nello Studio di Padova, consultore di Stato in Venezia, Ricerche (Venezia, Visentini, 1894). 4) Degli Agostini ecc., I, pagg. m-x. “) Già da un secolo si scriveva in veneto : cfr. Il dialetto veneziano fino alla morte di Dante. Notizie e documenti di E. Bertanza e V. Lazzarini. Venezia, 1891. Al principio del sec. XIV dominava il toscano per la lirica, il francese per l’epopea. Ed è naturale, perchè il toscano non avendo ancora avuto nessun grande epico, aveva grandi lirici. Più o meno lentamente, a seconda che si tratti di poeti popolari o aulici, il francese si era arreso al dialetto, il dialetto si arrende al toscano. Cfr. V. Crescini, Di una data importante nella storia dell’epopea franco-veneta (Atti Ist. Ven. ecc. T. VII. S. VII,