PAOLO DE BERNARDO E I PRIMORDI DELL’UMANESIMO IN VENEZIA 33 della sua patria, come Magistrato, Podestà, Ambasciatore, Capitano in terra e in mare *). L’eletto era ad Avignone, di dove, con un salvacondotto, potè recarsi in Venezia : un mese dopo avveniva a Porto Longo, nell’ isola di Sapienza, la totale sconfitta della flotta veneziana. Mentre si prendevano i più adatti provvedimenti per fronteggiare la situazione, si facevano approcci per la pace, di cui l’Arcivescovo Giovanni Visconti aveva fatto parola al Falier nel suo passaggio pel milanese. Carlo IV, sceso in Italia, aveva tutto l’irù teresse di favorire l’accordo : nel gennaio si fece una tregua ; iniziate trattative per mezzo di RafFaino Caresini, la pace fu conchiusa dal Benintendi a Milano il i giugno del 1355. Non la mediazione del Papa e dell’ Imperatore l’avevano affrettata, ma un gravissimo avvenimento succeduto a Venezia : la scoperta di una congiura diretta dal Doge e la sua decapitazione, il 17 di Aprile. Nella città ben vigilata dall’aristocrazia aveva fallito il tentativo di un uomo di forte animo ed ingegno, il quale, appoggiandosi al popolo e al ceto mercantile, col soddisfare i loro interessi e sentimenti, voleva farsi signore, come la sua ambizione e l’evoluzione storica del suo tempo gli suggerivano. Giusta, ma inesorabile, fu la sentenza : tanto più inesorabile, quanto più i nobili offesi nei più profondi interessi, sentivano che era giusta ; vendetta insieme per quel sangue che il Falier non avrebbe loro risparmiato2). — Il Petrarca lo aveva conosciuto : « vir ab olim mihi familiariter notus, sed, in quo fallebat opinio, animi quam consilii maioris » : così diceva all’amico Guido Settimo, scrivendogli una settimana dopo la decapitazione (F XIX 9). Da quel che aveva capito dalle informazioni vaghe e contradditorie, assolveva i veneziani, ma avrebbe desiderato un più mite giudizio. Benintendi non pare che fosse delle idee del Falier (notiamo che la congiura era scoppiata assente il Gran Cancelliere) ; diceva infatti al Petrarca : « Ut audire saepius potuisti, hic mos, gloriosum quippe patriae nostrae decus, ducibus nostris est, ut quamvis in eos dignitatis titulus sit collatus, potius sequi quam ducere, nec tam imperandi quam parendi sibi potestatem asciscunt » (V. 1 1 ed. Bas.). Tuttavia per i suoi rapporti col successore del Falier, Gio- J) V. Lazzarini, Marino Faliero : La Congiura (Venezia, 1897 — N. Arch. Vetielo, t. XIII, P. I — II, pag. 27 dell’estratto). 2) V. Lazzarini, Marmo Faliero ecc., pagg. 185-86. Biblioteca dell’ « Archivimi Romanicum » - Serie I. 3