PAOLO DE BERNARDO E I PRIMORDI DELL’UMANESIMO IN VENEZIA 99 di buon senso ottimista : se le cose stessero come tu dici, tutto il mondo naufragherebbe. Abbiamo un libero arbitrio, non come credono i fidenti nell’astrologia: « se la necessità togliesse l’arbitrio, nessuno pregherebbe, ma ubbidirebbe.... Ricordando la tenerezza di tempi migliori io discorro con te.... non c’è cosa maggiore che avere uno in cui le disgrazie possano trovar riposo ». Risollevati, mio Paolo : insegna Lucano, insegna Virgilio che a tutti è aperta la virtù ; pochi la raggiungono, ma potrai esser di quelli : « Horum te hortor inmitari vestigia, quibus fretus poteris recorda-tione supprema beate vixisse, quod vixeris cum eisdem ! » Nei poeti dunque il Cavallo trovava l’esempio morale, e nello scrivere una dolce serenità: e gli inviava, forse per la prima volta (ep. 14) un suo ultimo componimento « In honorem et memoriam antique ci-vitatis Pole et civium eius » («me coluit Roma: ludorum aspice molem ! »). In questo componimento dalle origini favolose si passa a Carlo, a Orlando, alla decadenza posteriore, traendone un’amara conclusione : « nichil melius, quam nil habuisse secundum ! » x) E un bellissimo saggio di esametri maccheronici, senza elementi volgari e senza intendimento satirico. I versi prosodicamente giusti sono tre, ma tutti hanno i sei piedi regolari. É un metodo che ha una larga tradizione medievale, radicata nella smarrita consapevolezza della quantità delle sillabe, di cui il più grande rappresentante fu Commodiano ’). Ringrazia il de Bernardo (Ep. 15), e vorrebbe rispondere (lo scrivere è un sollievo, è vero: ma le occupazioni? e l’ingegno?). Dici delle cose vere, ma non in tutto : se ne potrebbero contrapporre altre (« qui mos in controversiis creber est » : si sente chiaramente come l’epistolografia provenga e viva in parte in un’aria di scuola), aggiungerne, distinguere. Questo per la lettera, buona nel contenuto e nella forma. E mi piacciono i versi, ma sopratutto « ammiro l’ingegno tuo venusto e placido, tanto adattabile alla prosa, come alle parole assoggettate al ritmo». Forse è indulgenza 4) La decadenza di Pola si iniziò nel ’300 a causa delle pestilenze, e la guerra di Chioggia fece il resto. Cfr. Ziliotto, Miscellanea, II, ecc. pag. 149. — Uno da Pola invece, Giovanni Ferrarese, trascriveva intorno a questo tempo la cronaca estesa del Dandolo. Cfr. Monticolo, Le vite dei Dogi, R. I. SS.2 t. XXII, parte IV, pagg. 361-3. 2 Devo queste osservazioni al prof. Remigio Sabbadini.