72 LINO LAZZARINI lografia del de Bernardo, che già vediamo avviata sullo stampo della retorica petrarchesca (di cui 1’ influsso è evidente anche in Be-nintendi) già dalla prima lettera al gran Cancelliere, nella quale però si sente anche l’influenza dello stile proprio del Ravagnani. In essa quell’entusiasmo e quell’esaltazione dell’amico e quell’ impicciolire sè stesso, quella sentenziosità che si esprime in paragoni ed immagini, in sentenze e testimonianze classiche e cristiane, quelle esclamazioni e quelle deplorazioni che sono così caratteristiche di questa forma letteraria. E che ormai navigasse con le sue forze, ce lo dice il giudizio del Petrarca : « Bonam tibi epistolam ludo extorsi ! » (Ep. 4), frase incisiva e significativa di quel valore formale e letterario, fuso e confuso col valore affettivo di questa corrispondenza. Che era mezzo principale d’unione e alimento a quella cerchia d’amici che il Petrarca aveva intorno a sè, e che si accosterà, con la sua residenza, a Venezia. Qualche cenno ne abbiamo dato: ma questo molteplice intrecciarsi di rapporti, più che desumerlo dai pochi dati rimastici, possiamo intuirlo. L’abbiamo visto nella presentazione di Giacomino da Mantova ; lo vediamo anche nella seconda lettera al Petrarca (Ep. 3) : « Arguit modo me Anastasius noster, regrediens Patavo... ». Maestro di grammatica, notaio, professore nello Studio di Padova, Anastasio di Ubaldo Gezzi da Ravenna è una figura tipica dei dotti di questo periodo. Lo troviamo a Venezia prima come « rector scolarum » poi come notaio della Curia Maggiore1). Di qui l’intrinsichezza col circolo del Benintendi che si raccoglieva attorno al Petrarca, che lo chiama « valorosa persona e caro amico, » che gli affida lettere e notizie. Nel 1379 ottiene la laurea in grammatica e l’incarico di insegnare nello Studio di Padova, e lo troviamo nel circolo padovano degli amici del Petrarca, dominato dall’amante della solitudine, Lombardo dalla Seta. E l’affetto pel Petrarca non si spegneva in Anastasio, che al Salutati, che voleva edita l’Africa, spiegava le ragioni per cui il poeta, datosi a una più viva religiosità, poneva in oblìo le cure antiche, concludendo col verso del poema : Magnus enim labor est magne custodia faìne. Più tardi Era inviato in Puglia nel 1365 ; e nel 1367 proclamato notaio veneto, nel ’70 inviato Cancelliere in Sizia (Candia). Cfr. A. S. V. IÀber Secretorum Collegii, c. 136 v. ; Mag. Cons. Novella, c. in ». ; Avog. di Comun, Satur-nus, c. 73 (Baracchi).