/ 38 LINO LAZZAR1NI e tranquillo soggiorno » (S I 3) *). Anche la peste che infieriva ora in Padova aveva contribuito ad allontanarlo (S I 7, II 2). E questo un periodo, dopo la pace coll’ Ungheria, in cui per un decennio Venezia si terrà neutrale ed assente dalle continue contese del-l’Italia : quivi forse il Poeta, nella città già superba della Basilica d’oro e del roseo e candido palazzo dei Dogi, forte di navi e di traffici,. sperava quell’asilo sicuro di pace, che aveva cercato in Vaichiusa, che avrebbe ricercato in Arquà. Ma Venezia non era un principato : per avere una dimora fece atto di donazione dei suoi libri alla Repubblica, a fine di costituire una pubblica biblioteca, « posteris.... non audeo dicere gloriosum, sed secure dixerim ad gloriam via » (V. 43). L’idea di lasciare la sua biblioteca a qualche luogo pio che la conservasse, la manifestava fin dal 28 maggio al Boccaccio (S. I 5): il progetto per Venezia, pare gli venisse in mente solo verso agosto (F. XIX 11, Cod. Marc. lat. XIII 70). E il Benintendi s’adoperava per far accettare questo dono con un fervore e con un entusiasmo ben concepibili, pur d’avere nella sua città quel «Deus in humano corpore » (V. 11 ed. Bas.). Al Petrarca toccava moderarlo : egli era sicuro di dare più che non ricevesse. E ritorna il ricordo del grande comune amico : magari gli fosse venuta questa idea « mentre.... quell’anima santissima era a capo dello Stato : quanto ne avrebbe goduto, stimalo tu, che l’hai conosciuta a fondo! ». Egli ci vedrà dal cielo, e sarà contento che « bibliothecae decus » sia riservato al successore « op-timo atque fortissimo communisque status amantissimo». Ma non accalorarti troppo, ripete il Poeta al Benintendi con insistenza, ben conscio di quanti lo desiderassero e di quello ch’egli, anche politicamente, rappresentasse : « rogandi essemus — lascia che la cosa corra da sè : nosti mores populorum, et quid velim vides » (V. 43). Nei registri della Cancelleria del Maggior Consiglio 8) si conserva ancora un sunto del vero e proprio contratto che si stabilì tra la Repubblica ed il Petrarca ; questi si obbligava a lasciare i suoi 1) F. XXIII 14 (del 1363) « In questa città, vero porto del genere umano, mi riparai non altro meco portando che i libri e la penna ». Già nel ’52-’53 (F. XV 7 e 4) parla di Venezia come possibile dimora, se non ci fosse la guerra, e come unico asilo di libertà e giustizia. 2) Archivio di Stato in Venezia, Novella c. 85, Saturnus c. 54 v. Una ri-produzione in La Biblioteca Marciana nella sua nuova sede (Venezia, 1906).