PAOLO DE BERNARDO E I PRIMORDI DELL’UMANESIMO IN VENEZIA 31 pure mentre egli è vivo, ma piuttosto sia per avere un monumento di gloria eterno. Il suo corpo non potè da nessuna fatica essere stancato, o vinto l’animo; più che regolata la quantità del cibo e della bevanda ; i momenti della veglia e del riposo non fissati nè dal giorno nè dalla notte ; parco verso di sè, liberale verso gli altri ; quello che avanza dal trattare i pubblici affari, si doveva dare al riposo.... » *). Così, in parte con le parole con cui Livio descriveva la vita di Annibaie, Benintendi dinanzi al Senato esaltava il suo doge, che traeva dall’oblio « eos, quorum beneficio vivimus », acciocché i ne-poti « bene res gestas velut in enigmate positas contemplantes, se tantae successionis heredes ac necessitateti! sibi indictam probitatis agnoscerent ». A un fine civile dunque ; e dell'utilità della storia recava subito un esempio, allegando il documento per cui risultava il diritto del Doge riguardo all’investitura dei sacerdoti. Anche in questo infatti concordavano il Dandolo e il Benintendi, nel ritenere la saggezza e l’azione superiori alla parola ; « sento che tu componi versi — scriveva a Moggio (V. io ed. Bas.) — e carmi, e non cessi di misurare quotidianamente i vocaboli e le sillabe. O puerili inezie, che non possono render migliori nè te nè gli altri ! Per nulla ti gioveranno i poeti di consiglio : ciò darà a te solo « coelestis amor et philosophia » : ti persuaderanno ad agire, e non a dire, a non onestare le opere con le parole, ma le parole con le opere ». Era questo un concetto che aveva dato e darà luogo a dispute e scritti ; ma in ciò il Benintendi, con vigore e convinzione tutti suoi, si mostra tanto medievale e veneziano, quanto s’allontana da quella concezione dell’arte che sembra iniziarsi col Petrarca. Il quale del resto ammetteva anche lui che « saepe phaleratam eloquentiam nuda veritas vincit». (F. XIX, o). Anche nella corrispondenza col Petrarca si può dire che il Benintendi succedesse al Dandolo. Aveva già conosciuto il poeta probabilmente, cui rispondeva a nome del Doge: morto il Dandolo, potè vederlo a Milano, durante le trattative (V. 14 ed. Bas.), e da Venezia gli inviava la risposta alla sua esortazione di pace (V. 3 ed. Bas.), risposta che non era giunta a destinazione 2), pregandolo *) Tafel u. Thomas ecc., pag. ao. 2) L’opera sua presso il Doge, il carattere e la morte di questi la narra il Petrarca nella F. XIX 9. La lettera del Benintendi è la V. 11 ed. Bas., del