PAOLO DE BERNARDO E I PRIMORDI DELL’UMANESIMO 1 NT VENEZIA 83 di fronte due mentalità diverse, l’una del nobile industrioso e pur amante, anzi entusiasta delle lettere e della dottrina, ma che sente sopratutto le glorie della sua patria, dall’altra iì notaio che nelle lettere cerca invece il rifugio dalle augustie di una vita povera e incerta, che nel cambiar di sedi e nella partecipazione, intima, se pur passiva, alle cose dello Stato, perde quel senso di patriottismo che distingueva i veneziani. E un distacco nella concezione politica che investe anche la concezione dell’ufficio dell’arte. Per quanto sentisse il dispiacere per le offese recate a Treviso dalla guerra, pure è notevole, di fronte all’entusiasmo del Natali per questa lotta, il tono di'pacifismo del de Bernardo che afferma « tucius fore no-centem absolvere, quam rigide animadvertere in insontem » : bastava chiudere la foce del Brenta (che i padovani volevano deviare)! Una grande differenza c’è tra i sentimenti della Curia prima del ’50 e dopo la congiura del Faliero. Sembra che quel distacco che la lettera del Benintendi ci fa sentire tra padroni ed impiegati, si continuasse con un sordo senso di invidia e disprezzo verso la nobiltà, aumentato da un senso di superiorità intellettuale, acuito dall’orgoglioso bisogno. Il Natali vorrebbe che, seguendo gli esempi antichi, si cantassero le glorie di Venezia, e pensava all’amico. Ma il de Bernardo anche verso l’arte e sè stesso mostra tutto il suo pessimismo : non ho nè 1’ ingegno, nè lo stile ; bisognerebbe portar nuovi fatti e stile eguale, se non superiore, agli antichi. E quand’anche fosse così, che importano i fatti dei veneziani coi padovani, « qui duo populi quota pars sunt italici orbis, in extremo sinu adriatici maris ? » Non si leggono neppure le imprese dei grandi popoli : basterebbe arrivar a leggere quel che fu scritto ! Aveva riconosciuto così il Nostro la sua natura, che aveva la grazia e il tormento di comprendere l’arte senza poterne fare. E che si chiudeva nel modesto amore ai grandi del passato : « mentre leggevo lo storico di Padova, che mi presi a studiare nell’inizio dell’ inverno, mi giunse la tua lettera.... Addio, perchè, avendomi immerso in Ti-tolivio e nelle epistole di Seneca, difficilmente posso esser da essi strappato.... » (Ep. 19). Poco dopo1) scriveva anche al fratello, Piero, il prosatore latino e verseggiatore volgare, ora vescovo di Jesolo, tipo molto curioso del resto di vescovo, come vedremo. A lui solo f) Ep. 20. Cfr. : « Scripsi.... cum ad has oras accessi____ tuque ad sedem tuani profectus es. ». Fu fatto vescovo nel 1370, quando Paolo era a Treviso.