36 LINO LAZZARINI stra virtus.... et animus mihi famelicus.... faciunt audacem ex timido et ex verecundo securum.... ». Ebbi le due lettere a Cicerone, non quella a Seneca.... restano otto giorni, non lasciarmi ozioso ! « Tutto quello che vi verrà sotto mano, vi prego, mandatemelo da copiare;... sarei venuto ora e con più frequenza verrei da voi, se a questi lavori, sui quali utilmente sudate, sapessi che la mia visita è utile tanto, quanto è superflua» (V. 14 Ed. Bas.)x). E la visita di Neri Morando doveva ridestargli il ricordo di quei colloqui pieni d’entusiasmo e fargli desiderare lettere di quel Grande (V. 11 ed. Bas.). Ma intanto nuove nubi di guerra s’erano addensate all’orizzonte. Ludovico Re d’ Ungheria, che alla cultura italiana e francese univa l’animo intraprendente e tenace, valoroso soldato e politico, appena eletto aveva mostrato di voler veramente regnare, e quindi anche ristabilire la sua autorità sulla Dalmazia. Egli aiutò i Zaratini nella loro sollevazione, nè volle mai conchiudere una pace definitiva : dopo una tregua protratta solo per opportunità da ambo le parti, si preparava a scendere in campo, quando la guerra con Genova ritardò i suoi propositi : ma subito dopo, alleatosi col Patriarca d’Aquileia e coi Conti di Gorizia, moveva nel maggio del ’56 da Buda con due eserciti, uno spinto verso la Dalmazia, l’altro pel Friuli verso il Trevisano *). Il Benintendi è fra gli ambasciatori che tentano un accordo a Padova, presso il Carrarese, ambiguo amico della Repubblica, nell’agosto; che nello stesso mese si recano dal Re, per chiedere, invano, un lasciapassare pel nuovo doge, Giovanni Dolfin, Provveditore di Treviso assediata. Fatto alla fine dell’anno un armistizio, Benintendi si reca come oratore nel gennaio del ’57 a Zagabria con due Ambasciatori, per trattare « pacem, gratiam et amicitiam » : ci resta l’allocuzione, il Proposi-tum factuvi cor am rege Hungariae, testimonianza della sua duplice attività di politico e d’amante delle lettere, che, trovato probabilmente fra le carte del Petrarca, fu creduto opera sua; fatto questo che ci ridice l’amicizia tra i due e le continue relazioni del Petrarca con gli uomini e le vicende di Venezia. Nè fra i tumulti della guerra Benintendi dimenticava il suo Doge, pel quale replicatamele chiedeva un’epigrafe al Petrarca, che si decideva a riprendere un genere di lavoro d’altri anni, pensando « quid et per 4) Cfr. Fracassetti, Lettere ecc., IV, pag. 199. 2) Cfr. S. Mitis, La Dalmazia ai tempi di Lodovico il Grande. Zara, 1887.