PAOLO DE BERNARDO E I PRIMORDI DELL’UMANESIMO IN VENEZIA I51 Era certo un’elevazione il conversare di cose superiori coti uomini superiori (cfr. Ep. io), ma più intimo e più, diremo, umano era il significato di questa corrispondenza. Anche il Benintendi domandava di veder qualche cosa del Petrarca, chè gli pareva di veder lui (V. 14, ed. Bas.) ; così il de Bernardo chiedeva al Poeta una lettera « che mi sia possibile contemplare in vece vostra poiché altra relazione non m’ è data ! » (Ep. 2). Questa corrispondenza non è certo rettorica e fredda, quando il de Bernardo ringrazia gli amici che gli sollevarono l’animo, che lo confortarono, che lo visitarono amabilmente (Ep. 1, 6, 12, 15). E vero: lo scrivere è un sollievo per un animo a posto, un grande fastidio per un animo turbato (Ep. 12); ma tu, osservava al Rampinelli, ti dai a lagnarti, per averne un sollievo alla noia (Ep. 22) ; nei poeti, come il Cavallo lo esortava con entusiasmo (Ep. 13), si può trovare un rimedio all’animo agitato, e un esercizio giovevole all’ingegno torpido (Ep. 15): il de Bernardo doveva combattere questa sua pigrizia, propria della sua natura inerte e languida (Ep. 24), ma che forse era anche mancanza di disposizione a creare, ed aveva bisogno di uno stimolo (Ep. 21). E qualche cosa di grande la poesia: egli non la rinnegherà mai, come Benintendi : pei beni dell’ ingegno, afferma, si devono sopportare le traversie della vita (Ep. 5) — benché talvolta lo prenda sconforto e il senso della vanità di tutte le cose, anche dello scrivere (Ep. 19, 24). Questa amicizia adunque, ch’egli vedeva superiore alle solite, che sono piuttosto relazioni d’interessi (Ep. 9, 25, 26), che avrebbe voluto essere comunanza di vita (Ep. 10, 21, 24) e che la corrispondenza epistolare manteneva, diffondeva e confondeva, esaltandola, nella passione stessa letteraria («Valete amici, valete epistole» è l’ultima espressione dell’ultima lettera del Petrarca), questa amicizia non era solo un desiderio sentito e prepotente di perfezione ( « non sono buono, non lo sono, ripeto, ma certamente sono un cultore dei buoni.... » (Ep. 24), ma sopratutto un rifugio dai mali del mondo : « non ho dove rifugiarmi — diceva al Benintendi — guarderò indifferente tutte le sorti umane : ma in queste sarà dolce comunicare con te, che ho eletto come unico rifugio, in cui deludere tutte le vicissitudini della fortuna, e coi tuoi consigli far tollerabile ogni evento» (Ep. 1). Era un bisogno profondo: con quale amarezza dice d’aver perduto nel Casalorzio l’amico ch’egli stimava degno di passare con lui gli ultimi anni della vita, di essere suo