90 LINO LAZZARJNI teresse di 20 lire di grossi da dare al figlio quando sarà giunto all’età legittima, e di 25 lasciati alla figlia, perchè si mariti o si monachi. Il residuo, « videlicet modica sint», al figlio Franceschino, e nessuna disposizione per altri nascituri, « quia scio uxorem meam non esse pregnalem ». E all’amico notaio, come pegno e ricordo, lasciava « Terrencium meum librum bonum et singularem, ut ipsum habeat et teneat, nec vendeat donec vixerit, et ad ultimum ipsum dimittat persone digne et studiose huiusmodi rei ». Perchè faceva testamento ? Pel viaggio che stava per compiere a Roma. Significativo è questo tendere all’eterna città, cui andranno il Dondi, Giovanni da Ravenna, il Vergerio. Anzi, dalla impressione che ne ricavano, possiamo in parte arguire quanto del nuovo spirito fosse in essi penetrato. Della Roma colpì il de Bernardo la triste condizione politica, vedendola in preda al governo tirannico di pochi plebei, i banderesi (banderenses), i capi degli arcieri cittadini che avevano ormai assunto la funzione di esecutori della giustizia, e che avevano acquistata tanta autorità da dare il loro nome a tutto il reggimento di Roma1), « res feda auditu non minus oculis abhominabilis! » (II 25). Egli — che sarà andato con l’immagine della grande Roma, quella dei poeti e dei prosatori latini, e di quella non minore della cristianità, restituito alla sua sede il pontificato, che sarà andato con in cuore l’entusiasmo del Petrarca, che dopo esservi stato quattro volte, alla quinta sentiva ancora « animum inexplebilem reginae urbis aspectibus, quam quo magis intueor, magis magisque ad credendum cogor quidquid de hac scriptum legimus.... » (F XI 1) — dovette osservare i ruderi delle antiche fabbriche, che poi identificava in Livio, rivivendo così nelle vestigia dell’Urbe tutta la storia dei suoi poeti e dei suoi storici (II 33), siccome in Padova, « urbem.... haud minimam inter eas quas vidisse me contigit », aveva osservato la presunta tomba di Livio «in monasterio S. Iustine cum saxo incisis literis». (II 46) 2). *) Gregorovius, Storia della città di Roma nel medioevo, III, pagg. 467-8, 551 (Roma, 1901). 2) L’animo curioso dei monumenti antichi è un altro carattere dell’umanista. Non tanto però da mostrarlo nelle Lettere, come non mostra il senso della natura e del paesaggio (che pur doveva avere — cfr. ep. 7 e 6): mai descrive le cose viste nei suoi viaggi. Così non pare che abbia avuto la passione pel greco e pel mondo che questo poteva rivelare.