PAOLO DE BERNARDO E I PRIMORDI DELL’UMANESIMO IN VENEZIA 3 già adatto a generalizzare il suo pessimismo individuale: la giovinezza senza il sorriso d’una sua famiglia e la vita stentata nella professione che egli vedeva come antitesi alla vocazione, lo studio delle lettere. « ....Applicarmi alle leggi della patria e pascere l’anima col Clinco, col Cerbero e la Luna » ci dice egli con viva espressione, cioè far pratica nella Cancelleria ducale (Curia maior o semplicemente Curia) e studiarsi i decreti del Maggior Consiglio, trascritti nei volumi contraddistinti da questi nomi. Quivi, in possesso del titolo di notaio (che probabilmente si poteva conseguire con la pratica nelle stesse cancellerie — curie —, e veniva poi sanzionata dalla elezione « imperiali » — e più tardi anche 4 apostolica » — « auctoritate ») si faceva carriera, esercitando le funzioni di impiegato e scrivano, venendo spesso inviati al seguito di ambasciatori, o anche come rappresentanti in missioni autonome. Non era certo un curriculum così definito come oggi : individualmente si provvedeva alle paghe, c’era molta libertà nella assunzione e nel licenziamento, che dipendevano in gran parte dal capo della Cancelleria, il Gran Cancelliere. Come spesso avvenne, più della legge lo attirava la poesia, e lo studio degli autori latini : frequentate le « elementares » e le scuole di grammatica1), dopo, il suo amore dovette essere spontaneo e il suo studio personale : non tanto però che l’uno e l’altro non fossero eccitati e aiutati proprio nella curia, in cui il De Bernardo doveva darsi alle leggi. Quivi trovò, modo di appagare la sua sete di visitare nuovi paesi, con gli uffici nelle città del Veneto, a Mantova, Ferrara, in Istria e a Budapest, a Negroponte e a Parigi ; quivi Vice Cancelliere e poi Cancellier grande era allora Benintendi de’ Ravagnani, che col doge Andrea Dandolo avrebbe stretta col Petrarca quell’amicizia, così benefica per la coltura veneziana. E nel Benintendi il De Bernardo trovò non solo la guida nella carriera sua, ma la guida e il compagno nelle lettere. Il primo posto nella cancelleria il Nostro l’ebbe nel 1349; nel 1356 fu eletto notaio veneto : doveva avere quindi almeno 25 anni ed esser nato così al massimo nel 1331. Ma quali erano le condizioni della letteratura in Venezia nella prima metà del trecento ? **) Delle quali è forse un ricordo Esopo citato ai margini del suo Livio (II, 22).