— 131 — nista e grecista ; Daniele Scotto de’ Rampi (1426-1443), che nel .1431 nella veste di vescovo di Parenzo fu nientemeno che vicario di Roma ; Angelo Cavazza (1433-1440) ; il famoso Giovanni parenzano (1440 1457), parroco di Padova, esaminatore nel collegio dei Teologi di quell’ Università, bibliofilo e pro-fusore di sue ricchezze in prò’ dell’arte; Placido Pavanello (1457-1464), l’amico del famoso papa veneziano Eugenio IV ; Francesco Morosini (1464-1471), amministratore della sede di Recanati dal 1469 al 1471 ; e per lasciare il Barbarigo, il Qui-rini, Nicolò Franco, nunzio pontificio a Venezia, il Colleoni e Francesco de Brevio, auditore pontificio, veniamo al veramente benemerito ed intraprendente Giovanni Antonio Pavaro (1487-1500), cui si aggiunsero i tre bolognesi Campegi. Così si ha tutta una serie di prelati illustri. Ora è ben logico, che siffatti prelati non permettessero che il clero ond’ erano circondati fosse un’ accozzaglia d’ignoranti. La più bella prova del contrario la si ha con l’opera spiegata dai vescovi Pavaro e Girolamo Campegio nel far unire, collazionare e disporre cronologicamente tutti gli atti antichi e interessantissimi, onde si composero i cosidetti Libri Jurium Episcopalium, i quali costituiscono un vero e prezioso Codice diplomatico parentino. In quest’ opera vennero impiegati molti nodari tolti appunto dal clero di Parenzo. E anche la disciplina del clero fu curata a dovere. Il Pavaro già al principio della sua reggenza il 10 giugno 1487 frenò la mancata residenza, cui i canonici s’ erano abituati nella vacanza di sede fra il 1485 e il 1487, facendo loro ordinare da papa Innocenzo Vili, che in loro assenza venissero nominati dei vicari a loro spese, sì che il residuo delle rendite servisse al ristauro della Canonica. Da ciò si arguisce, che vigeva ancora nel secolo XVI la vita comune dei capitolari parentini. 27. Ed anche il popolo parentino dopo le infeconde lotte feudali si presenta buono. Il milanese Pietro Casola nella descrizione del suo viaggio a Gerusalemme nel 1494, narra che visitò anche Parenzo e precisamente mentre il vescovo Pavaro era a Roma in qualità di maggiordomo del Cardinal Cesarini. Anzi perciò “per l’absentia de li pastori“, la basilica gli