— 232 — sembra riguardare come consueta una continuazione della comunione familiare e patrimoniale tra fratelli, dopo morti il padre e la madre '). E sappiamo quante consuetudini volgari abbia codificato Leone Isaurico nell’ Ecloga, della qual3 però nemmeno noi vogliamo ammettere influenza di sorta su la vita giuridica istriana. Restano da esaminare poche più altre disposizioni su la posizione giuridica della donna ricordate da’ nostri statuti. Vogliamo dire il divieto fatto alla moglie (III, 8) di passare a seconde nozze entro l’anno di lutto, la cui inosservanza portava con se svantaggi patrimoniali; e la perdita de’ beni (III, 17) della moglie, convinta d’adulterio, che si lucravano dal marito, disposizione calcata su la Novella 117, c. 8, e accolta, con lievi mutamenti, dal diritto canonico 2). Nè va dimenticato il cangiamento che subi in seguito 1’ antica consuetudine, secondo la quale i debiti contratti dal marito, costante il matrimonio, non dovevano aggravare la porzione della moglie. Poiché tali debiti, morto il marito, venivano soddisfatti a carico della quota spettante a’ figli, lasciandosi libera quella della vedova; fu stabilito invece, certo dopo il 1364, (III, 88) clic la moglie dovesse concorrere pio rata al pagamento di tali debiti, se voleva aver parte ne’ beni maritali. Era una disposizione che principiava a intaccare la posizione privilegiata, fatta alle donne dall’antico sistema della comunione. V. De’ diritti reali e delle obbligazioni, e specie de’ primi, abbiamo scarse e frammentarie notizie ne’ nostri statuti. Ma da quanto ci è dato rilevare, apprendiamo come, in argomento, molti principii romani vi venissero accolti, mercè i risorti studii del diritto giustinianeo. *) Ecloga is. XVI, 2. Cfr. Siciliano-Vili, anku va, Diritto bizantino, p. 30. 2) C. 4, X, de donai, inter virum et uxorem (4.20),