— 240 — diritto romano, l’incarico veniva affidato all’ erede istituito ; nel medio evo, invece, caduta la formalità dell’istituzione d’erede, prevalse l’uso, attestato vivo ancor dal periodo bizantino, di eleggere persone di fiducia, con l’incarico di provvedere e sorvegliare l’adempimento della volontà del de cuius!). Cosi anche negli statuti di Parenzo. I quali, quanto all’indole giuridica dell’istituto, lo raffigurano come un mandatimi. Anche le donne, poi, possono funger da esecutrici testamentarie, il che è negato a’ chierici (II, 80), come più sopra fu visto. Gli esecutori testamentarii devono, infine, eseguire fedelmente il loro mandato, entro un anno e un giorno dalla morte del testatore, pena la perdita della commissaria. Le altre disposizioni di diritto ereditario (IT, 68, 81), come già gli obblighi tra i genitori e la prole, li vediamo in nesso strettissimo con la struttura particolare della famiglia : vale a dire, con la comunione patrimoniale tra coniugi per una parte, e per l’altra con la fraterna compagnia. Anche la successione intestata, che, in generale, si delinea entro l’orbita delle due celebri novelle 118 e 127 di Giustiniano, parte, se non erriamo, dal presupposto dell’ esistenza di codesti principii giuridici. Così lo statuto ammette che il padre o la madre possano, nel testamento, beneficare un figlio o una figlia di un mozzo di formento et uno di orzo per contento e benedizione, senza che abbiano a pretender altro par istituzione d'erede, o falcidia, o legittima, eccetto che per legato. È chiaro che qui si tratta solo di figli viventi in fraterna compagnia, e nati da matrimonio a comunione di beni, in base al quale sia pervenuta agli stessi, al di fuori di siffatte disposizioni, in parti eguali l’eredità paterna e materna. Quant’è all’eredità ab intestato, a succedere sono chiamati in prima linea i discendenti, cioè i figli, legittimi o naturali, postumi o nati, senza distinzione di sesso, che succedono tutti egualmente, salvo che anche qui ritroviamo il noto principio che i figli emancipati e divisi devono conferire nell’eredità quant’lianno avuto, viventi i genitori ; per le figlie dotate è obbligo, in questo caso, della collazione della dote. Solmi, op. cit., 357, 358.