— 138 — veneto di Parenzo infatti accusò il vescovo conte Nicolò Petronio Caldana, che per causa del Seminario esistente a Orsera, molti Parenzani vi erano andati ad abitare, per cui in tal guisa veniva aumentato lo spopolamento della città. E il vescovo dovette difendersi presso il Senato. Ma anche ad Orsera i poveri seminaristi dovevan farla magra assai. P. e. il 13 maggio 1716 il vescovo Vaira doveva mandarli tutti ai loro paesi Ano al 3 novembre, perchè non aveva cosa dar loro da mangiare. Quando dopo il 1730 le condizioni sanitarie ed economiche di Parenzo migliorarono il vescovo Mazzoleni trasportò definitivamente il seminario a Parenzo nel 1732, e ottenne dal doge Carlo Ruzzini una casa non discosta dalla Canonica, ove gli alunni andavano a scuola, dovendo però mantenersi da sè. Queste condizioni duravano ancor sotto i vescovi Negri e Polesini fino al 1818. L’ 8 dicembre 1818 veniva stabilito che il seminario centrale di Gorizia dovesse servire anche per i Parentini, sebbene Parenzo non fosse ancora unita a Gorizia siccome a metropolia. Talora il seminario parentino fu completo, talora no. Ad ogni modo i maestri dovettero essere bravi, se ottennero non solo le lodi di vescovi si insigni, ma, quel eh’ è più, ottennero lo scopo di dare alla diocesi dei preti abbastanza colti. Si noti però che i più ricchi fra i Parenzani andavano a studiare nel Seminario di Capodistria aperto dalla Serenissima nel 1(507 per la istanza del patriarca Barbaro, o a Fiume nella Scuola dei Gesuiti apertavi nel 1627, oppure a Venezia o a Padova. Ancor dopo il 1800 molti sacerdoti parentini avevan studiato con gran profitto nei seminari di Venezia e di Chiog-gia e alla facoltà teologica dell’ Università di Padova. 31. Un punto saliente nella storia ecclesiastica istriana è costituito dal sinodo provinciale aquileiese aperto nell’ottobre del 1596. Il vescovo di Parenzo de Noris vi partecipò in persona. Come base furono presi i canoni del Concilio Tridentino sì in fatto di dogmatica che in fatto di morale e di disciplina. Si trattò e si stabilì di abbandonare onninamente il rito aquileiese, detto patriarchi no e di adottare il rito romano, che da qualche