membri della sua famiglia le più lauto prebende della chiesa, avrebbero un certo qual lontano barlume di fondamento le accuse del papa Pelagio, il quale esagerando le voci di nepotismo a lui giunte, lo descrisse a Narsete come il peggior soggetto J). ‘) Ecco le parole che Pelagio I scriveva a Narsete Esarca di Ravenna verso il 558: (.liubeis Mon. eccl. Aquil. pag'. 203 epist. I, Kandler Coil. dipi, istr.- anno 555, Benussi medio evo pag'. 75) : Euphrasius (nel testo sta veramente scritto «Thracius», veggasi pag. 59) siquidem atque Ma-xiinilianus nomina tantum episcoporum habentes et ecclesiasticam ibi unitatem perturbare dicuntur et omnes ecclesiasticas res suis usibus applicare.... E nell’epist. II: Exercete igitur in talibus debitam auctoritatem, et. ne eis amplius talia comittendi spiritus crescat, vestris coercitationibus re-primantur... Quales àutem sint, qui Ecclesiam fugiunt, Euphrasii vos sedera (quae amplius occulta deus esse noluit) evidenter in forni a nt ; qui in homicidio quidem nec fiominis necessitatemi, me fratris cdritatem, nec sa-cerdotii reverentiam cogitavit. Incestuoso autem adulterio etiain ipsius vindictas abstulit modum ; quia si adulterium pimías, non remanet in qno vindicetur incestus ; si incestuoso ingeras poenas, inultum crimen adultera remanet. Auferte tales ab ista provincia. Da questa lettera (la quale conferma che Eufrasio aveva un fratello sacerdote e viene quindi a corroborare la nostra supposizione desunta dalla somiglianza dei ritratti) emerge che si accusava il vescovo Eufrasio dì non aver rispettato nell’ omicidio nè V amor del prossimo, ' nè V affetto verso il fratello, nè la riverenza dovuta al sacerdozio e di aver indi eliminato con un incestuoso adulterio persino la misura del castigo : con altre parole lo sì accusava di aver ucciso un suo fratello sacerdote e di essersi poi macchiato d’adulterio colla di lui vedova vivente la moglie di esso Eufrasio. Io non esito un istante a ritenere tutto ciò un’obbrobriosa calunnia, alla quale il papa Pelagio — se gli scritti sono veramente suoi — nel zelo per la sua causa e nella fiducia verso gl’informatori, troppo facilmente avrà dato ascolto. Certo Eufrasio colla sua attività, colla sua inframmettenza, coi suoi enormi bisogni, eolia sua fiscalità nell’esiizione delle decime, e col suo nepotismo (forse unico suo peccato reale ma perdonabile) si sarà creato non pochi nemici persino nel clero. Io spiego questa calunnia supponendo che l’arcidiacono Claudio, fratello di Eufrasio, sia morto di male improvviso, nel tempo che corre tra la completazione della basilica (554) e le lettere del papa Pelagio (558). Ecco i nemici di Eufrasio malignare su questa morte un avvelenamento, il quale secondo loro avrebbe avuto lo scopo di installare il tiglio, arcidiacono di nome, nell’ ufficio reale del fratello : e l’affettuoso trattamento che Eufrasio non avrà mancato di usare verso la cognata ecco da questi botoli ringhiosi essere marchiato d’incesto.