« — 179 — armate, ed il 16 agosto 1354 piombò su Parenzo. Inutile fu la strenua difesa degli abitanti sorpresi dall’ improvviso attacco : la città dopo un violento combattimento fu presa e posta a ferro ed fuoco. Rovinato il palazzo del comune, abbracciati gli archivi, saccheggiate le abitazioni, come trofeo di vittoria furono tolti dalla loro tomba i corpi dei martiri S. Mauro e S. Eleuterio contutelari protettori della chiesa e della diocesi parentina, e portati a Genova ove vennero collocati nella chiesa abbaziale della famiglia Doria. Grande fu lo sgomento prodotto a Venezia da questo fatto, e fu detto che il doge ne morisse per cordoglio. Ma non fu il solo disastro che colpì la nostra Parenzo in questo torno di tempo. La peste -- o come dicevano allora „ il mal della giandussa “ — questo terribile morbo che in due o tre giorni conduceva i colpiti alla tomba, dopo d’essere serpeggiato per il Friuli e le altre terre dell’ Istria, nel 1361 infierì anche in Parenzo sino a tutto 1’ ottobre di quél-ranno. Si disse che cessasse quando vennero ritrovati i corpi dei SS. Progetto ed Elpidio che da gran tempo giacevano i-gnorati sotto un vecchio altare di S. Anastasia. Cessato appena il contagio, i cittadini si diedero con tutto il fervore e costanza a riparare ai danni sofferti, rialzando o rifabbricando gli edifìci incendiati, ristampando le mura là ove erano abbattute. Per sopperire a queste spese, fu chiesto a Venezia dal comune di Parenzo un’ antecipazione di 1000 lire allo scopo di ristaurare il palazzo del podestà, e di lire 6000 per riattare le case private : inoltre 1’ esenzione dell’ annuo tributo verso il paisenatico. In pari tempo fu riordinato il governo della città che pelle passate vicende era tuttora disorganizzato. Essendo rimasto abbracciato nell’ incendio del 1354 il primitivo statuto del comune, se ne compilò un nuovo colla cooperazione di que’ cittadini che ben ricordavano le disposizioni contenute nel precedente codice. E così pure i rapporti di servitù ed i censi e gli oneri feudali dovuti alla chiesa parentina ed alla mensa vescovile furono in questo tempo regolati e meglio determinati con nuovi istrumenti enfìteutici dal vescovo Gilberto Zorzi patrizio veneto.