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incestuoso, dilapidatore dei beni ecclesiastici. Nel tempo stesso mandava anche a Parenzo il presbitero Pietro e il notaio Proietto ad avviare un’ inchiesta, punire Eufrasio e condurlo a Roma. La qual misura riuscì vana, perchè Eufrasio contava sull’ accordo di Parenzo. Infatti perchè i legati pontifìci potessero eseguire tali incombenze severe, Pelagio aveva invocato il braccio secolare di Narsete, di Carello maestro dei militi in Istria e del conte Anilano. Narsete non aveva potuto più oltre rifiutarsi al volere del papa; ma s’era visto a Parenzo stessa, dinanzi al popolo intero, lanciar da Eufrasio l’interdetto di entrare nella cattedrale, sotto minaccia di essere dichiarato eretico.
    E’ facile quindi imaginarsi di quali agitazioni fosser fatte teatro Parenzo e la sua aurea basilica.
    9.	Poco dopo il 560 Eufrasio moriva ; e i suoi successori dovevano continuare nello scisma per volere o meglio costrizione dello stesso popolo parentino, cui da principio s’ era posto a capo Eufrasio. O continuare nello scisma, o vedersi ribellare la folla dei fedeli ! A dir vero 1’ aura di popolarità, di che i vescovi parentini s’erano inghirlandati il capo ribelle, fu da essi pagata poi a caro prezzo, al prezzo inestimabile della loro libertà pastorale. Intanto dopo il tradimento di Narsete e la calata dei Longobardi in Italia nel 568, lo scisma dei tre capitoli aveva mutato faccia e da dissidio religioso era divenuto in gran parte dissidio politico, epperò tanto più odioso. Per un secolo buono la chiesa di Parenzo fu teatro di fatti luttuosissimi.
    Nel 568 il vescovo scismatico Paolino di Aquileia, temendo la barbarie longobarda, aveva trasferito la sua sode da Aquileia a Grado, ponendosi così sotto la protezione dei Greci, signori di Grado, dell’ estuario veneto e dell’ Istria. Tanto l’imperatore Giustino II quanto il papa Giovanni III, pro bono pacis, riconobbero tale trasferimento, sperando anzi che con la sudditanza greca, i vescovi aquileiesi avrebbero accoppiato la soggezione a Roma. Nel sinodo aquileiese del 3 nov. 579 il patriarca Elia con il concorso dei vescovi d’Istria, fra cui Giovanni di Parenzo, dichiarava Grado metropoli perpetua della Venezia e deli’Istria. Ma la pace reli-