— 178 — X. Il vescovo Graziadio successo a Bonifacio, facendo di necessità virtù, si rassegnò al nuovo ordine di cose ; per lo che Parenzo potè godere vari decenni di vita tranquilla. E di questi ne approfittò per riparare ai danneggiamenti causati all’episcopato, alle chiese e ad altre publiche località dalla lotta fra il vescovo ed il comune. Lo rileviamo dalla straordinaria quantità di mattoni e di coppi che nel 1308 Parenzo ritirò da Venezia con esenzione di dazio. Nel 1323 si volle condurre in città per distribuirla nei vari rioni, dell’ acqua eccellente che scaturiva da una ricca fontana situata in una valle vicina ; ed il senato venne in soccorso dell’ opera progettata con una somma di danaro. Concorse in questo periodo di tempo ad aumentare il benessere degli abitanti il frequente arrivo e passaggio di pellegrini tedeschi, ungheresi e slavi che qui giungevano per condursi alla Marca, d’ onde passavano a Roma od ai santuari dell’ Umbria. Pur troppo però questo periodo di rifiorimento della città non durò a lungo, essendoché verso la metà del secolo piombò su Parenzo un gravissimo quanto inaspettato disastro conseguenza dell’antagonismo commerciale fra Genova e Venezia. In quegli anni la rivalità fra queste due republiche, derivata da ragioni di commercio, era degenerata in guerra a-perta. Le ostilità ebbero principio nelle acque del Levante ; poscia si allargarono nel Tirreno e nell’Adriatico per convergere da ultimo nel Golfo a danno anche delle nostre città marittime. I Veneziani, saputo che una squadra genovese entrata improvvisamente neH’Adriatico aveva saccheggiate Lesina e Curzola, mandarono il Pisani con 14 galere ad inseguirla. Non avendola raggiunta, il Pisani veleggiò verso la Sardegna, ove più aspra la guerra era. Ma il generalissimo dell’armata genovese, Pagano Dorin, eli’ era riescito a deludere la vigilanza dell’ammiraglio veneto, colto il destro che il Golfo era sguernito della solita custodia, vi penetrò con 20 galere bene