— 17G — a stento si salva nel vicino convento dei Francescani, donde, senza avere neppur tempo di mangiare, sopra una barca fugge precipitosamente a Pirano. Portatosi quindi a Venezia, da qui scaglia il 19 ottobre la scomunica contro il podestà, gli ufficiali ed i consiglieri comunali; pronuncia inoltre l’interdetto sull’intera città. Siccome però il podestà aveva minacciato del taglio della mano e del piede chiunque difondesse la scrittura della scomunica e dell’interdetto o la seguisse, il vescovo ne incaricò il prepósito di Pisino, il quale la diramò ai parroci della diocesi appena nell'anno seguente e con molta circospezione. L’interdetto non produsse effetto alcuno in Parenzo ; e continuando i sacerdoti a celebrare gli uffici divini, ad amministrare i sacramenti ed a seppellire i morti, il suddetto prepósito di Pisino, per ordine del vescovo, ripublicò nella chiesa di S. Michiele presso Pisino il 7 gennaio 1299, l’interdetto, estendendolo anche ai canonici del capitolo di Parenzo. Di rimando il podestà d’allora Marino Villono ordinò che le decime non venissero portate come di solito in Parenzo ai canipari del capitolo, ma a persone a ciò stabilite da lui e dai suoi consiglieri. Ed allora un’altra scomunica il 25 luglio 1299 mandata da Orsera, ove Bonifacio era costretto a dimorare, non volendolo i Parenzani nella loro città. Il turbolento ed ostinato vescovo, abbenchè avesse allora 77 «inni, non solo continuò con energia giovanile la lotta contro il podestà veneto mandato a reggere il comune di Parenzo, ma s’inimicò vieppiù colle sue smodate pretese i suoi stessi sacerdoti, come pure il patriarca d’Aquileia suo capo spirituale e temporale. Il patriarca aveva rivolto degli acerbi rimproveri al nostro vescovo perchè troppo spesso e troppo a lungo rimaneva assente dalla sua sede ; ed in quei giorni era più che mai irritato contro Bonifacio perchè questi non solo non cessava dal contrastargli la suprema giurisdizione temporale e su Parenzo, e su Montona, e su Rovigno, ma per di più, rifiutatagli obbedienza, aveva presentato contro di lui reclami, e contro i suoi ordini appellazione al sommo pontefice. Il patriarca per castigare il riottoso vescovo, ripetute volte me-