— 273 — lotto perchè voleva io pure sostenere che tutto quello era de] sig'. Sehetnàn e non del Montechiaro. «L’aneddoto fu graziosissimo, ma bisognava trovarsi presenti per vedere la ingordigia del Martel che credeva di aver fatto un grosso bottino, e gli affanni provati dall’Ajutante che vedevasi rovinate le sue galanterie verso le quali si vedeva attaccato coll’anima»..... * * * Quasi a involontaria punizione per le sommosse e le violenze durante la guerra, l’Istria perdette nell’assetto dato alle provincie meridionali dopo le nuove conquiste francesi della pace di Schonbrunn (14 ottobre 1809) l’appartenenza al Regno d’Italia, i cui confini furono portati all’ Isonzo. L’Istria veneta si vide aggregata alle Province Illiriche dell’ Impero francese, in onta alle rimostranze del Governo italico e dello stesso Viceré intese a convincere Napoleone della necessità di mantenere unita al Regno almeno l’Istria, se non per altro, per ragioni economiche. La Intendenza o Provincia d’Istria che il governatore conte Bertrand componeva con decreto 3 novembre 1811, si estendeva da Ampezzo a Pola. Restò quasi intatta la distret-tuazione interna della provincia, mentre 1’ ordinamento amministrativo subì nuovi adattamenti alla foggia francese pura : convertite le italiche municipalità in mairies col primo ufficiale non più podestà ma maire. La cronaca di Parenzo quale si desume dalle carte raccolte, è per questo periodo una grigia vicenda di imposizioni tributarie e militari, di preoccupazioni quotidiane per „corsari“ che turbano la navigazione, di apprensione contro il contagio della peste... Solo sprazzo di luce la proposta all’ Imperatore d’istituire a Parenzo, „ punto centrale della provincia e patria di molti uomini illuminati “, un’Accademia, non letteraria ma agraria, unita alla Biblioteca legata da Stefano Carli — unico mezzo — scriveva nel 1817 ripetendo la domanda Giampaolo Pole- 18