— 142 — zione e accordava ai canonici l’uso della cappa magna violacea e della croce pettorale. Con i restauri della basilica compiuti nel 1764 e con la rifabbrica dell’elegante chiesa della Madonna degli Angeli, fra il 1747 ed il 1770, il Negri dimostrò quanto si possa fare quando si voglia. Nel 1759 fece comperare un nuovo organo. Tutto ciò non potè che scuotere gli animi intorpiditi ed avviarli a migliori cose. Nel 1752 eran venuti a Parenzo i Domenicani in luogo degli Oratoriani nel Convento annesso alla Madonna degli Angeli, i quali cooperarono alla cultura del popolo e del clero. E il vescovo stesso con i suoi lavori di storia, d’ archeologia e di critica, diede l’esempio dello studio e forni la prova come la cultura fosse l’ornamento più bello del clero. E fu cosi che il capitolo parentino brillò per uomini davvero colti e dotti, quali un Antonio Vergottin, autore nel 1749 delle apprezzatissime „Memorie storiche delle reliquie dei Ss. Martiri Mauro ed Eleuterio un Filippo Gregis insigne oratore e forbito panegirista, e un Giovanni Artusi, predicatore dei più facondi. Ed anche un po’ d’arte era apparsa nei quattro quadri di Teresa Recchini rappresentanti in Duomo quattro miracoli di s. Nicolò e negli stucchi e nei dipinti eseguiti dal Venturini nella chiesa di S. Francesco. E quando dopo la morte del Negri ascese il seggio vescovile parentino il marchese Francesco Polesini (1778-1819), col quale venne a Pai’enzo anche il fratei Gian Paolo Sereno, il dotto uomo ammirato a Roma dallo stesso Benedetto XIV, la cultura del clero continuò a tenersi alta, avvivata specialmente fra il 1806 e il 1810 dalla presenza del celebre P. Giorgio Maria Albertini, poligrafo dei primi. 35. La Serenissima negli ultimi anni di sua vita, mentre la sua nobiltà si smidollava e le preparava inconsciamente la fine, non aveva cessato di entrare con la sua opera in ogni canto della vita civile ed ecclesiastica del suo Dominio. Anzi, a dir vero s’ era preoccupata un po’ troppo delle cose chiesastiche. Ma era il tempo, quando, ad esempio di Giuseppe II, a tutti i capi di governo era saltato il ticchio di fare i sagrestani. E dire che siffatto mestiere rende poco alla politica ....